mercoledì 25 febbraio 2009

Sciopero "virtuale" e, per la felicità di angeletti, referendum preventivo!!

SCIOPERI: BOZZA DDL, ABROGARE E SOSTITUIRE LEGGE ATTUALE NEI TRASPORTI (2) =

(Adnkronos) - Questi i principi che il ddl intende recepire per la regolamentazione dello sciopero nel settore dei trasporti:

- a) Introduzione dell'istituto del referendum consultivo preventivo obbligatorio, a meno che non si tratti di proclamazioni da parte di organizzazioni sindacali complessivamente dotate di un grado di rappresentativita' superiore al 50 per cento dei lavoratori, e della dichiarazione preventiva di adesione allo sciopero stesso da parte del singolo lavoratore almeno con riferimento a servizi o attivita' di particolare rilevanza;

- b) Previsione dell'istituto dello sciopero virtuale, che puo' essere reso obbligatorio per determinate categorie professionali le quali, per le peculiarita' della prestazione lavorativa e delle
specifiche mansioni, determinino o possano determinare, in caso di astensione dal lavoro, la concreta impossibilita' di erogare il servizio principale ed essenziale;

- c) Predisposizione di adeguate procedure per un congruo anticipo della revoca dello sciopero al fine di eliminare i danni causati dall'effetto annuncio e di una piu' efficiente disciplina delle procedure di raffreddamento e conciliazione attenta alle specificita' dei singoli settori;

- d) Semplificazione delle regole relative alla rarefazione soggettiva ed oggettiva anche in funzione del grado di rappresentativita' dei soggetti proclamanti, nonche' di una revisione
delle regole sulla concomitanza di scioperi che incidano sullo stesso bacino di utenza

venerdì 20 febbraio 2009

Anglo American -19000

Il gruppo minerario britannico Anglo American pronto a tagliare 19mila posti
Il premier britannico Brown
Il premier britannico Brown

Il gruppo minerario britannico Anglo American e' pronto a tagliare 19mila posti di lavoro entro la fine dell'anno dopo aver riportato un calo degli utili del 29% nel 2008 a 5,2 miliardi di dollari.

I tagli rientrano in una piu' ampia politica di economie con la quale il gruppo spera di ottenere un risparmio pari a 2 miliardi di dollari l'anno da adesso al 2011. Anglo American conferma inoltre di voler dimezzare il suo programma di investimenti 2009, portandolo a circa 4,5 miliardi di dollari, per fronteggiare crollo dei prezzi dei metalli.

mercoledì 18 febbraio 2009

Europee, lo sbarramento al 4% è legge

ROMA - Con un voto bipartisan l'aula del Senato ha approvato in via definitiva il ddl che introduce la soglia di sbarramento del 4% sulla legge elettorale europea. I voti favorevoli sono stati 230, 15 i contrari e 11 gli astenuti. Hanno votato sì Pdl, Pd, Lega e Idv. Contrari i radicali eletti nel Pd, l'Mpa di Raffaele Lombardo, i Repubblicani europei. In dissenso dal gruppo si sono espressi i senatori Pd Vincenzo Vita, Ignazio Marino, Franca Chiaromonte, Gianfranco Carofiglio.

Essendo passata senza modifiche rispetto al testo approvato alla Camera, la nuova normativa diventa legge senza necessità di un ulteriore passaggio parlamentare. Potranno quindi essere eletti al Parlamento europeo soltanto i rappresentanti delel liste che avranno raggiunto la soglia del 4% dei voti validi a livello nazionale.

martedì 17 febbraio 2009

Scuola, religione fin dalle materne A Milano un patto diocesi-Comune

Palazzo Marino assume a tempo indeterminato 46 educatrici ad hoc segnalate dalla curia. Senza alcun concorso. Per convincere gli studenti stranieri delle superiori, poi, la curia ha inviato una lettera in cui si consiglia di seguire le lezioni di fede cattolica per integrarsi meglio
di Zita Dazzi

Ora di religione in tutte le scuole, a Milano, dalle materne fino alle superiori. E per convincere gli alunni stranieri, una lettera della curia tradotta in sei lingue che consiglia ai ragazzi di seguire la lezione di fede cattolica per integrarsi meglio. Il Comune ha siglato un accordo con la diocesi per garantire l'insegnamento di religione in tutte le 175 scuole dell'infanzia, a tutti i 23mila iscritti. Finora questa opzione era distribuita a macchia di leopardo: in alcune scuole sì, in altre no. Le maestre erano 20 e dovevano coprire tanti istituti in quartieri diversi. Adesso le cose cambiano.

Sono state assunte a tempo indeterminato 46 educatrici ad hoc: maestre segnalate e garantite dalla curia. Nessun concorso pubblico, come invece avviene per le altre educatrici, ma stipendio comunale, come il resto del corpo docente nelle materne. La cosa piace alla diocesi, che su questo aspetto pastorale e sulla conquista dei giovani punta molte delle sue energie. Piace parzialmente, invece, ai sindacati, soprattutto per la procedura seguita dal Comune.

Tatiana Cazzaniga (Cgil-funzione pubblica) commenta: «Attendiamo da anni che il Comune assuma le educatrici per coprire i buchi di organico. Ci hanno sempre detto che non ci sono i soldi, che le assunzioni sono bloccate dalla Finanziaria. E adesso vediamo arrivare dal cielo 46 maestre che, senza concorso e senza graduatorie, entrano a tempo indeterminato, pagate dal contribuente».

Detto ciò, la diocesi punta molto sull'ora di religione. E, agli immigrati iscritti alle superiori, scrive una lettera da distribuire a scuola: «Forse sei un po' a disagio in Italia, non conosci le persone, la lingua, alcuni modi di vivere. La nostra storia è profondamente segnata da quasi 2000 anni di religione cristiana cattolica..». Al giovane lettore viene spiegato che a scuola c'è una disciplina «che può aiutarti a conoscere il pensiero e la storia della Chiesa. Se ritieni giusto partecipare, sarai ben accolto. Non sei obbligato, tanto meno a diventare cristiano», ma sappi, si legge nella lettera, che «questo corso vuol arricchire le tue conoscenze e portarti a comprendere meglio la tua religione e quella del paese che ti accoglie. Potrai affrontare tanti problemi, tra cui il razzismo e la tolleranza».

giovedì 12 febbraio 2009

non candideranno i già eletti? vediamo...

EUROPEE: LISTA UNICA VERDI-SD-MPS,NO A 'FALCE E MARTELLO'PRC
MIGLIORE, DA FERRERO PREGIUDIZIALE IDEOLOGICA, E' ARRETRAMENTO
(ANSA) - ROMA, 12 FEB - Verdi, Sinistra Democratica e Movimento per la Sinistra dicono no all'invito del Prc a correre tutti sotto il simbolo della ''sua'' falce e martello e annunciano una loro lista comune per le europee. Le candidature saranno indicate dal basso, nel territorio; saranno inoltre esclusi i parlamentari della scorsa legislatura e chi ha avuto
incarichi nel governo Prodi.
In una conferenza stampa a Montecitorio, i dirigenti delle tre componenti dell'ex Arcobaleno hanno spiegato i motivi dela loro decisione. ''La proposta del Prc - dice Gennaro Migliore
del Movimento per la Sinistra - e' un grave arretramento politico perche' intende riprodurre uno scherma di unita' dei comunisti con una pregiudiziale ideologica. Noi siamo impegnati
invece in una altro progetto, quello della ricostruzione di una sinistra piu' ampia ed efficace. Io sono comunista, ma penso che si debba dar vita ad uno schieramento plurale nel quale i comunisti siano una componente. La pretesa di Ferrero di rappresentare tutte le componenti della sinistra sotto il suo simbolo non fa i conti con la realta'''.
''La sinistra italiana - ha detto Paolo Cento dei Verdi - e' molto piu' ampia di chi la rappresenta con la falce e il martello. Ci vuole un grande spirito di apertura e di analisi delle grandi contraddizioni della nostra societa' globalizzata''. L'ex sottosegretario ha confermato che non si candidera' per sottolineare un dato di discontinuita' con la classe dirigente che ha perso le lezioni politiche:''le candidature verranno decise dal basso costruendo un vero federalismo politico''. Per Sd Gloria Buffo ha sottolineato che con la lista unitaria per le europee si intende ''dar vita ad una proposta politica utile, non chiusa in un recinto, ma popolare''. ''Nel Parlamento di Strasburgo - ha aggiunto - i rappresentanti della sinistra sono i piu' presenti e i piu' capaci. Per loro e un lavoro vero, non una postazione per parcheggiare qualcuno''.
L'Associazione per la sinistra, che rappresenta unitariamente le componenti della lista unitaria, partecipera' domani con un unico striscione unitario alla manifestazione per lo sciopero del pubblico impiego e dei metalmeccanici. Questo servira' anche a sottolineare - e' stato spiegato nella conferenza stampa - il dissenso con il Pd che ha ''disertato questo importante momento
di lotta in un passaggio difficile per i lavoratori''.
Alla lista unitaria della sinistra dovrebbe partecipare anche Unire la Sinistra di Katia Bellillo, ex ministro del Pdci, che non era pero' presente all'incontro con i giornalisti.(ANSA).

Caso Marino

Fonte: Repubblica

l retroscena. Il chirurgo lascia l'incarico di capogruppo in commissione
Lo sostituisce l'ex teodem Dorina Bianchi che condivide il testo del Pdl

Democratici, scoppia il caso Marino
"Ora rischia la linea sul fine-vita"

Chiaromonte: è una scelta intempestiva. I radicali: sparti-zione di ruoli
Lo scienziato: "Il lavoro fatto finora sarà portato avanti, garante è la Finocchiaro"
di CARMELO LOPAPA


Democratici, scoppia il caso Marino
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Ignazio Marino

ROMA - Il Pd sostituisce in corsa il suo "caposquadra" nella commissione Sanità del Senato che sta accelerando verso l'approvazione della legge sul testamento biologico. Il luminare dei trapianti Ignazio Marino va a presiedere la commissione di inchiesta sul Servizio sanitario e deve lasciare il testimone (di capogruppo in quell'organismo) a Dorina Bianchi. Entrambi cattolici, quest'ultima ex Udc, fino a qualche tempo fa militante teodem e ora vicina a Beppe Fioroni. La decisione matura in seno al partito, viene messa ai voti e passa. Questione di "riequilibrio interno", ma giunge all'indomani della battaglia portata avanti sul caso Eluana da Marino e soprattutto a ridosso del voto sul fine vita. E tra i laici del Partito democratico scoppia una mezza rivolta.

Semplice avvicendamento tecnico, spiegano dal Pd. Marino a ottobre aveva presentato le dimissioni da capogruppo in commissione perché era stato eletto presidente di un altro organismo, quello di inchiesta sul Sistema sanitario. Atto dovuto pro forma, che infatti era rimasto nel cassetto della Finocchiaro negli ultimi tre mesi. Il professore porta avanti il suo ddl sul testamento, poi la battaglia per lo stop all'alimentazione di Eluana. Finché ieri non viene deciso il cambio della guardia. Il timore espresso dai più critici è che possa subire adesso contraccolpi la linea che il Pd ha portato avanti sul testamento biologico. Tanto più che la senatrice Bianchi non fa mistero di condividere (salvo alcuni dettagli) il ddl Calabrò della maggioranza e che tanti, dall'opposizione, giudicano restrittivo. E a lei, alla senatrice, spetterà il compito di presentare la relazione di minoranza in commissione.

"È un testo migliorabile, soprattutto per alcuni profili quali il ricorso al notaio, ma in linea di massima condivido l'impostazione" spiegava ancora ieri la Bianchi prima di entrare in aula. Lunedì scorso, insieme al collega di gruppo Claudio Gustavino, aveva votato in commissione il ddl del governo Berlusconi che prevedeva la ripresa dell'alimentazione per Eluana.

La riunione dei senatori Pd che ha formalizzato la decisione si è tenuta in mattinata. Presenti i soli componenti della commissione e Albertina Soliani a rappresentare la capogruppo Finocchiaro. Dibattito, voto, alla fine prevale la linea dettata dai vertici. Decidono di non infrangere l'unanimità e dire sì all'avvicendamento anche le due più critiche, Franca Chiaromonte e la radicale Donatella Poretti, ma non senza far sentire le loro ragioni.

Fiorenza Bassoli invece ha preferito non partecipare affatto alla riunione. "Sarebbe stato opportuno avere come capogruppo una figura dialogante - racconta - Invece la Bianchi, a mio parere, non rientra in quella configurazione. Per questo ho espresso i miei dubbi e non ho partecipato. Non intendo drammatizzare, ma spero che tutto questo non renda più difficile il nostro lavoro in commissione, dove abbiamo sempre avuto una posizione laica e aperta".

Franca Chiaromonte, senatrice di lungo corso, lo ha detto davanti ai suoi e lo ripete: decisione "inopportuna, intempestiva, Marino aveva ancora un ruolo da svolgere in quella commissione, la sua competenza è utilissima, come ha dimostrato finora, e lo sarebbe stata ancor più adesso". Ma la più agguerrita è la Poretti: "Mediaticamente e politicamente la notizia è che il Pd sfiducia Marino. Se non fosse stato così, la decisione sarebbe stata rinviata. Si è atteso tanto, tre mesi, si potevano attendere altre due settimane, giusto l'approvazione del testamento biologico". E invece? "Invece hanno il problema di riequilibrare gli incarichi interni tra ex Ds e Margherita, sono prevalse le ragioni della spartizione: mi dicono lei sia molto vicina a Fioroni, fatti suoi. Noi denunciamo tutta l'inopportunità politica della sostituzione in questo momento. Ho dei dubbi sulla linea che il Pd farà propria, adesso".

Invece la Soliani ha garantito che proprio la linea non cambierà, qualunque sia il capogruppo, che non bisogna "farne un dramma". D'altronde il Pd è atteso alla prova del voto a breve, nel giro di un paio di settimane in commissione. Ignazio Marino si tiene lontano dalle polemiche. "Non ci sono commenti da fare. È un avvicendamento tecnico necessario perché sono presidente di una commissione di inchiesta - taglia corto - Sono convinto che il lavoro portato avanti finora sul testamento biologico proseguirà. E ne ho personale assicurazione anche dal presidente Finocchiaro".

In commissione è ripreso ieri l'esame del testo della maggioranza, tappe forzate per inviarlo in aula entro fine mese. Ma ieri l'ex magistrato del Pdl, Roberto Centaro, non ha lesinato rilievi di natura giuridica sul ddl. Da martedì il confronto entrerà nel vivo.

Paolo Barnard, Palestina, capire il torto.

Da vedere (i seguenti video sono a fianco).

Peugeot Citroen taglierà oltre 11mila

Peugeot Citroen taglierà oltre 11mila
posti di lavoro a livello mondiale

Le uscite saranno su base volontaria. Nel 2008 Psa ha accusato un cash flow negativo per 3,76 miliardi

(Afp)

PARIGI - Quest'anno oltre 11mila collaboratori lasceranno Psa Peugeot Citroen. Così il direttore finanziario, Isabel Marey-Samper. «Stimiamo che oltre 11mila persone in Europa lasceranno volontariamente» il gruppo, ha detto Marey-Samper.

LA CRISI - Alla conferenza di bilancio Psa, che impiega 207.850 persone al mondo, di cui 113.710 in Francia, non ha dato inoltre alcuna indicazione sul dividendo, limitandosi ad affermare che «includerà il forte calo dei risultati del gruppo e il clima economico». Nel 2008 Psa ha accusato un cash flow negativo per 3,76 miliardi e stima che anche nel 2009 resterà negativo. Alla borsa di Parigi i titoli Psa scivolano di poco più del 5% a 13,66 euro.

Pioneer - 10000

Fonte : Rai NEWS 24
La Pioneer taglia 10.000 posti di lavoro

Tagli nell'industria leader delle tv al plasma

La Pioneer ha annunciato il taglio di 10mila posti di lavoro in tutto il mondo, tra cui 6mila dipendenti a tempo indeterminato, in previsione delle forti perdite per 130 miliardi di yen (1.117 milioni di euro) che emergeranno a marzo dal bilancio dell'anno finanziario. Il colosso giapponese dell'elettronica cesserà la produzione di schermi al plasma e chiuderà impianti negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. I tagli della Pioneer seguono quelli di altri colossi nipponici colpiti dalla crisi economica internqzionale, come la Sony (16.000), Nec (20.000) o Nissan (20.000).

mercoledì 11 febbraio 2009

Riparte il conflitto sociale: pubblici e metalmeccanici uniti

Tratto da Liberazione

Il 13 febbraio sarà formalmente lo sciopero generale di due categorie, pubblico impiego e metalmeccanici, ma anche la prima reazione pubblica all'accordo separato sul nuovo modello contrattuale del 22 gennaio. Quindi, è una giornata in cui si concentrano temi sindacali, a partire dal salario, passando per il nuovo regime di deroghe e finendo con la bilateralità, ma anche temi politici visto che, come è stato detto, è in atto un forte attacco alla democrazia. Liberazione intende accompagnare questo percorso con un approfondimento puntuale di tutti gli elementi sul tappeto.
Dino Greco
C'è una prima questione. Una manifestazione con sciopero generale indetta da Fiom e Fp, le due più forti categorie della Cgil, è un fatto inedito. Come lo è la circostanza che mentre si prova a contrapporre il lavoro pubblico al lavoro privato si dia un segnale in chiara controtendenza. Come e perchè è maturata questa scelta?
Gianni Rinaldini
Ci troviamo di fronte a una situazione eccezionale, caratterizzata da accordi separati che non hanno precedenti e dentro una operazione costruita con l'obiettivo esplicito di contrapporre lavoratori pubblici e privati. La nostra iniziativa nasce da una riunione congiunta del mese di luglio 2008 dei due direttivi a Torino che ragionavano sul fatto che era partita la campagna contro i cosiddetti fannulloni e, contemporaneamente, una trattativa con la Confindustria sul modello contrattuale. Era chiaro che questo preannunciava un intervento a tutto campo. Da qui la necessità di costruire una discussione ed una iniziativa comune, che non era scontata. E questo ha pesato anche nella discussione in Cgil, tanto è vero che lo sciopero del 13 non è che l'inizio di una ulteriore fase di mobilitazione che coinvolgerà l'insieme della Cgil fino alla manifestazione nazionale prevista per il 4 aprile. E' di assoluto valore che questo sia avvenuto sulla base di scelte di merito che hanno superato discussioni che c'erano state in passato tra le due categorie.
Carlo Podda
L'idea semplice è poter contrapporre al "divide et impera" l'altrettanto vecchia regola secondo cui insieme ci si intende meglio. Parlandoci un po' più da vicino, senza dimenticare, come diceva Rinaldini, che prima c'erano stati punti di vista diversi su alcune questioni, che probabilmente in parte permangono. Abbiamo tuttavia scoperto che erano molte di più le ragioni che potevano spingerci a metterci insieme e soprattutto ad individuare un terreno di azione comune. In particolare ci è sembrato che a differenza di quanto hanno fatto in questi anni i partiti della sinistra politica valesse la pena ricercare cosa fosse utile fare piuttosto che con chi farlo. E se questo qualcosa si potesse fare assieme. Ora, detto questo, penso che la precarietà è un dramma che attraversa sia il mondo del lavoro privato che il mondo del lavoro pubblico. La totale mancanza di sicurezza nella continuità del rapporto di lavoro e di qualsiasi ammortizzatore sociale, soprattutto nel caso di persone che non sono nemmeno più giovanissime, è una questione drammatica. Ricordo che le amministrazioni pubbliche sono considerate il maggior datore di lavoro precario. Si è scambiata la flessibilità per precarietà e si sono scambiati i lavori con forme di lavoro temporaneo per mansioni che non sono assolutamente temporanei, dalle maestre d'asilo agli infermieri, per passare ai poliziotti. Abbiamo segnalato noi al Viminale che c'erano duemila agenti della pubblica sicurezza che si trovavano in scadenza di contratto e che rischiavano di ritrovarsi in mezzo a una strada. Solo nel settore dell'auto più di cinquemila precari sono andati a casa. Nel pubblico impiego in gran parte si tratta di lavoratori della sanità e degli enti locali, persone che hanno un rapporto diretto con i cittadini, di gestione di erogazione dei servizi. A giugno sessantanovemila andranno a casa. Potrebbero diventare centoventimila nel 2010 per arrivare a più di duecentomila nel 2011.
Greco
E' evidente che l'attacco è frontale. Ma allora perchè venerdì scendono in campo solo Fiom e Fp? State svolgendo, oggettivamente, un ruolo di traino nei confronti della confederazione? E' così?.
Podda
Più che un ruolo di traino, preferisco pensarla così: ci ritroviamo nella condizione di avere il bisogno, e forse anche la forza, di provare a mettere in campo una iniziativa come questa. Lo sciopero in un periodo come questo è una cosa complicatissima. Si tratta di andare a chiedere alle persone di perdere dalle settanta alle cento euro a seconda della qualifica. Va poi detto che questa necessità, dopo il 22 gennaio, ce l'hanno tutte le categorie. Il 31 ottobre c'era già stato un accordo separato nel pubblico impiego. E lì giàerano già presenti tutti gli elementi che poi si sarebbero ripresentati: dall'alleggerimento delle forme di tutela e garanzia del contratto nazionale allo strozzamento della contrattazione integrativa. C'è la riduzione della democrazia, perché si pretende di concludere accordi con sindacati minoritari. Abbiamo visto tutto un po' prima degli altri, così come abbiamo vista prima la crisi del Welfare perché quando i lavoratori delle cooperative sociali si sono visti ridurre nell'arco di pochi mesi da trentasei a dodici ore settimanali, così come un lavoratore dell'auto ha percepito prima degli altri la crisi perché ha cominciato a subire il ricorso alla cassa integrazione. Poi, certo, c'è una discussione, la Cgil è una organizzazione complessa e multicentrica, molto plurale al suo interno e bisogna che maturino le condizioni per tutti e nello stesso momento.
Rinaldini
Aggiungo il fatto che come meccanici abbiamo indetto una manifestazione nazionale e uno sciopero per il giorno 12 dicembre e la Fp aveva previsto lo sciopero per lo stesso giorno. E tutto poi era confluito positivamente nello sciopero generale proclamato dalla Cgil per la stessa giornata. E' vero che le due categorie avevano messo in campo una serie di iniziative di carattere generale, cosa non prevista da altri sindacati di categoria. Va da sè che, a fronte dell'accordo separato sul modello contrattuale, Fiom ed Fp abbiano ragionato su una iniziativa comune. Capisco che questo si è prestato alle più svariate letture, ma sarebbe stato assurdo se a quel punto i metalmeccanici e la funzione pubblica facessero due scioperi generali con manifestazioni nazionali nell'arco di una settimana.
Greco
Torniamo al 22 gennaio, alla madre di tutti gli accordi separati, quello sulle regole. Non è più il confronto di merito su questo o quel contratto. Qui siamo davanti a una accordo che disciplina l'intero sistema della contrattazione e ne esclude il maggior sindacato italiano. E una dichiarazione di ostilità contro la Cgil, un vero e proprio patto ad escludere, voluto da governo, confindustria, con Cisl e Uil corrive. Nel merito, il primo punto che balza agli occhi è la messa in mora del contratto nazionale attraverso la riduzione programmata del salario e le deroghe territoriali al contratto nazionale. Una attacco dall'alto e dal basso. Che valutazioni fate?
Rinaldini
Intanto, noi siamo di fronte a un accordo separato sulla struttura contrattuale, che è cosa diversa dalla stipula, pur grave, di un accordo separato su un singolo contratto. Tanto è vero che una cosa simile non era mai avvenuta, nemmeno negli anni '50, in un momento di massima divisione sindacale. Quell'accordo precostituisce adesso e per il futuro un assetto che comporta la definizione di limiti assai pesanti per i contratti nazionali. Nel merito, c'è la riduzione, secca, del potere di acquisto dei salari. Aggiungo, già a partire dalla riduzione del valore del punto oltre che rispetto all'inflazione. Per capirci, si passerebbe dai diciotto euro attuali ai quindici euro. Oltre al fatto che c'è l'apertura ad un processo di scardinamento del contratto nazionale con le deroghe e la messa in discussione del diritto di sciopero, soltanto per ora limitata ai dipendenti pubblici. Non caso tra quindici giorni il Consiglio dei ministri discuterà le regole sul diritto di sciopero. Qui torna la questione cruciale della democrazia, che è in questa fase assolutamente decisiva. Bisogna prendere coscienza che siamo di fronte all'espropriazione totale dei lavoratori e delle lavoratrici del diritto di decidere su piattaforme ed accordi dei futuri contratti. Siamo di fronte ad un passaggio che rende esplicita una idea di utilizzo della crisi per ridefinire l'assetto delle relazioni sociali, reinscrivendole dentro una pesante torsione autoritaria. Chi sta dentro il quadro bene, chi non sta dentro è considerato un nemico da distruggere. Credo che questo sia un aspetto dei processi a livello sociale che sta in rapporto con una idea complessiva di assetto istituzionale del Paese che vede pesantemente compromessa la democrazia.
Podda
Aggiungo che c'è una riduzione della base di calcolo del 30%. Di solito facciamo riferimento ad una base di 25mila euro lordi, comprensiva del salario accessorio. Nell'accordo c'è scritto che d'ora in poi si farà riferimento ai cosiddetti elementi stipendiali. Ciò significa che questo 30% non potrà più essere calcolato. Una diminuzione programmata del potere di acquisto delle retribuzioni.
Greco
Già miserabili...
Podda
Si, già miserabili. L'ha ricordato Carniti qualche giorno fa. Noi avevamo presentato una piattaforma unitaria che doveva cominciare ad invertire questa tendenza. Il risultato è che ci hanno cucito addosso un modello contrattuale che è nettamente peggiorativo rispetto a quello del 23 luglio. Quanto alla democrazia, è utile ricordare che, pur con tutti i limiti e le difficoltà, Cgil, Cisl e Uil, anche con giudizi diversi, erano sempre ricorse alla prova di un giudizio generalizzato da parte dei lavoratori. Questo diritto viene oggi negato con motivazioni risibili. La stessa struttura contrattuale tende ad allontanare i lavoratori dal proprio contratto. Pensate al ruolo delle categorie, dove l'incremento delle retribuzioni viene fatto in base a un indice stabilito da un'autorità terza, e il riallineamento avviene con un accordo interconfederale. Il ruolo del sindacato di categoria mi sembra mortificato.
Greco
Stai dicendo che si è voluto disegnare un sistema di relazioni industriali imperniato su una fortissima centralizzazione che lede in profondità l'autonomia delle categorie...
Podda
Assolutamente. Ricordo che l'accordo del 23 luglio consentiva aumenti largamente al di sopra dell'inflazione programmata, come è avvenuto nel caso dell'ultimo contratto dei metalmeccanici. Non era un vincolo, ma una scelta di automoderazione a condizione che ci fosse un accordo di politica generale su prezzi e tariffe e politica generale di tutti i redditi. Poi ne è stata data una lettura che ha provocato un effetto di contenimento dei salari che ha provocato quegli effetti distorsivi che ricordavo prima. Oggi siamo in presenza di una cosa molto diversa. Il governo affronta la crisi con questo sistema ridisegnando una nuova distribuzione del reddito e un nuovo modello sociale più autoritario prospettando di far uscire il Paese dalla crisi ancora più diseguale e ancora più autoritario. Non a caso Sacconi ha detto che con questo accordo ci liberiamo di uno degli ultimi orpelli del '68. E questo perché l'ideologia che guida l'azione di questo Governo è esattamente questa, demolire il riscatto del lavoro e delle classi sociali.
Greco
L'accordo separato è stato venduto spiegando che il depotenziamento del contratto nazionale sarebbe compensato dallo sviluppo della contrattazione integrativa che si vuole vincolata ad incrementi di produttività. Oltretutto non si capisce in virtù di quale prodigio essa dovrebbe estendersi. L'unica cosa che si introduce è questa sorta di mancia di cui beneficerebbero i lavoratori delle aziende ove non si esercita la contrattazione integrativa.
Rinaldini
Il fatto che adesso ci sarebbe una contrattazione integrativa legata alla produttività è tutta una bugia perché già c'é. Quale è la novità, se non il fatto che ci troviamo di fronte a uno schema sulla parte retributiva che prevede un contratto nazionale che non copre il potere di acquisto e aumenti aziendali completamente variabili. Si fa presto a capire cosa vuol dire questa dinamica sul piano redistributivo generale e sulla condizione di lavoratori. L'altro aspetto che lì è esplicitato è che nel livello aziendale c'è solo ciò che viene rinviato dal livello nazionale. Quindi c'è anche una riduzione del ruolo della contrattazione articolata, altro che valorizzazione. Ed è un ruolo che la riconduce alle condizioni di bilancio e di redditività delle imprese. Scompare l'autonomia del sindacato e una contrattazione aziendale che sia in grado di intervenire complessivamente sull'organizzazione del lavoro in fabbrica. Tra l'altro, anche per quanto riguarda le piccole imprese, non c'è alcun elemento di novità se non una flebile copertura in tutte le situazioni dove non c'è la copertura aziendale. E' quello che nei metalmeccanici è chiamato elemento perequativo.
Podda
Tutte cose vere, ma noi abbiamo un tema in più. Il testo della riforma Brunetta prevede che il contratto potrà derogare da leggi, statuti e regolamenti. Così addio al contratto nazionale.
Greco
...Con buona pace del giuslavorismo moderno che vede proprio nell'indisponibilità della norma lo strumento per proteggere la parte più debole dalla sua stessa debolezza. C'è un terzo punto di quell'accordo: la proliferazione di strutture bilaterali che trasformano il welfare universale in welfare contrattuale. Mi pare si inauguri una pratica corporativa, consociativa e aconflittuale che cambia in radice la natura del sindacato. E' così?
Podda
Credo che la prima conseguenza riguardi la cittadinanza. Così ci apprestiamo a liquidare lo Stato sociale. Ci sarà anche chi l'ente bilaterale non ce l'avrà affatto e chi ce l'avrà di serie B. Tutto in perfetta continuità con il Libro verde di Sacconi.
Rinaldini
Gli enti bilaterali sono parte di un progetto complessivo che usa la crisi per ridefinire l'assetto delle relazioni sociali. Uso il termine che ha usato Sacconi nel presentare l'accordo: passare da rapporti conflittuali a rapporti di complicità tra lavoratori e imprenditori. Il conflitto in questo schema è un fatto eversivo e non la linfa stessa della democrazia. Esso viene eliminato non in forza di buoni accordi tra le parti, ma con dispositivi di legge. Dal diritto di sciopero agli enti bilaterali c'è un percorso di frantumazione dei diritti universali. In questo sta a mio avviso il rapporto con le vicende istituzionali e politiche. Il nostro non è un Paese granitico nella sua storia democratica e nell'equilibrio dei diversi poteri. Non a caso tutte le scelte odierne vengono sempre presentate esplicitamente come una svolta o una rottura rispetto alle fasi delle conquiste democratiche nel nostro Paese. La democrazia, insisto, diventa una questione centrale. Impedendo ai lavoratori di intervenire sulle loro condizioni si palesa un' aggressione alla costituzione materiale del paese.
Greco
In effetti, con l'attacco al diritto di sciopero, siamo al compimento di un progetto reazionario. E si comincia dai lavoratori pubblici.
Podda
Lo sciopero è un diritto individuale esercitato collettivamente. Mi pare che tutto sia molto chiaro rispetto al profilo autoritario che il governo va assumendo su democrazia e contrattazione, senza parlare delle contrapposizioni tra nativi e migranti e tra uomini e donne. Come disse Epifani quando si insediò il governo Berlusconi, siamo in una fase diciannovista. C'è una mutazione autoritaria del nostro Paese.
Greco
Due domande conclusive. La prima riguarda, la proposta di un contratto "unico" unico, avanzata da Tito Boeri che di fatto toglie di mezzo l'articolo 18.
Rinaldini
C'è la proposta di Boeri ma anche quella di Ichino, che mi pare peggiorativa rispetto alla prima. A me pare che le vicende della crisi ci indichino che tutta la legislazione sul lavoro e sul mercato del lavoro vada rivista. E questo perché ormai è chiaro che la questione non è più quella dei picchi produttivi. Il lavoro precario viene usato come polmone e i lavoratori soggetti a ricatto quotidiano. Noi dobbiamo ricondurre tutto al rapporto a tempo indeterminato. La proposta di Boeri, tra l'altro, è aggiuntiva, cioè si somma e non sostituisce le forme di precariato oggi esistenti.
Greco
Per un momento, guardiamo oltre oceano. Obama fa una operazione "roosveltiana" che prevede il rafforzamento del sindacato come funzionale alla ripresa dello sviluppo. In Italia si marcia nella direzione opposta.
Sebastiani
Ancora una cosa. Credo che la fase precedente, quella del '93 sia in continuità con quella attuale. Non è che il sindacato abbia perso del tempo prezioso per rafforzare il vincolo democratico con i lavoratori?
Podda
Obama introduce l'idea del tetto nelle retribuzioni dei manager privati. Bisogna riguadagnare la possibilità di rovesciare la piramide sulla quale siamo stati seduti fino adesso. Per fare questo abbiamo bisogno di grande consenso delle persone in carne ed ossa e di rinsaldare i vincoli democratici. Abbiamo perso del tempo? Se stiamo in queste condizioni non è bene dare sempre tutta la responsabilità agli altri. Ci sarà tempo e modo di discuterne. Statutariamente non siamo molto lontani dal congresso della Cgil. Dovessi provare a spiegare a un lavoratore quale possa essere il modello condiviso in tutta la Cgil avrei qualche difficoltà. Il 13 vorremmo cominciare a dire alcune cose: continuità del rapporto di lavoro, ammortizzatori sociali più ampi e più estesi, e defiscalizzazione del salario nazionale. E poi bisogna che la piantina cresca e duri almeno quanto questa legislatura perché è chiaro che il Governo vuole far fuori la Cgil. Considero sbagliata la ricetta proposta da Boeri, considererei però un errore chiudere la ricerca su quel tema.
Rinaldini
Per quanto riguarda Obama, occorrerà vedere se sarà in grado di cambiare le leggi vigenti sul sindacato. Un passaggio delicato e di grande importanza per capire il segno sociale di quel processo. Sull'altra questione, quella del '93 e la discontinuità. Oggi c'è un elemento da cui non si può prescindere: siamo in una fase in cui si mette in discussione la Costituzione. Dal punto di vista delle vicende sindacali va considerato che prima del '93 c'è stato il '92 e ancor prima il lodo Scotti, quando è iniziativa la concertazione. Il problema del sindacato e dell'intera sinistra politica è non aver mai affrontato una discussione vera sul processo che veniva avanti, sui caratteri della globalizzazione e sulla ridefinizione degli assetti sociali e del ruolo del sindacato.

lunedì 9 febbraio 2009

Crisi nella Ue, in quattro mesi persi 130mila posti di lavoro

Fonte: Rainews24

In Europa dall'inizio dell'ultimo trimestre del 2008 a tutto il mese di gennaio 2009 si sono persi 130.000 posti di lavoro nel settore industriale - soprattutto l'auto e il suo indotto - e in quello delle costruzioni. Due settori che nel corso dell'ultimo anno hanno fatto registrare un crollo della produzione pari a 150 miliardi di euro.

Sono le cifre contenute in un documento riservato della Commissione europea - che l'ANSA è in grado di anticipare - che molto probabilmente sarà all'esame dei ministri finanziari europei che lunedì e martedì si ritroveranno a Bruxelles per le riunioni dell'Eurogruppo e dell'Ecofin, chiamati a valutare quanto fatto per contrastare la crisi e quando fare in futuro.

Per il settore auto situazione drammatica
La situazione nel settore dell'auto e in quello dell'indotto è "drammatica", anche per la persistente stretta creditizia che "colpisce particolarmente" non solo le case automobilistiche, ma anche il settore delle costruzioni. La Commissione europea sottolinea come "la contrazione della produzione nel settore dell'industria automobilistica ha un immediato effetto negativo anche sull'occupazione nelle aziende aziende dei fornitori".

Dal governo francese 6mld di euro a Renault e Peugeot-Citroen

Il presidente francese Nicolas Sarkozy dovrebbe annunciare oggi che il governo presterà circa 6 miliardi di euro alle due principali case automobilistiche del Paese, particolarmente colpite dalla crisi economica. Il credito verrebbe accordato sulla base di agevolate rateizzazioni a Renault e Peugeot-Citroen. Ognuna delle due società riceverebbe 3 miliardi di euro. In compenso, le due societa' manterranno i loro siti produttivi in Francia e salvaguarderanno i posti di lavoro.

Nissan -20mila

Fonte: Rainews 24
Nissan in rosso, tagliati 20mila posti di lavoro. E gli stipendi dei manager

Nissan, anche i giapponesi soffrono la crisi

Il numero uno Carlos Ghosn lo ha ammesso senza reticenze: l'impatto della crisi è superiore a quanto prevedeva Nissan. Per questo Nissan ridurrà l'organico di 20mila unità entro marzo del 2010. Un taglio che rappresenta l'8,5% del personale Nissan che conta 215 mila dipendenti.

Nissan chiude il terzo trimestre con una perdita operativa di 99 miliardi di yen a fronte di ricavi in calo del 34% a 1.820 miliardi con 731 mila veicoli venduti (-18,6%). Oltre al taglio dell'organico, le misure di contenimento dei costi prevedono anche un colpo di forbice alle retribuzioni dei dirigenti. Dal prossimo mese di marzo il top management vedrà lo stipendio ridursi del 10% fino a quando la situazione non tornerà alla normalità. L'alleggerimento degli organici avverrà principalmente con il taglio delle assunzioni, l'eliminazione dei contratti a termine e gli incentivi alle uscite e ai pensionamenti.

sabato 7 febbraio 2009

Togliamogli la cittadinanza

Berlusconi: "Serve un chiarimento sulla Costituzione"
Una riforma della Carta costituzionale "è necessaria perché è una legge fatta molti anni fa sotto l'influsso di una fine di una dittatura e con la presenza al tavolo di forze ideologizzate che hanno guardato alla Costituzione russa come un modello". Lo ha detto il premier Silvio Berlusconi da Cagliari. "Con i poteri che ha il presidente del Consiglio e in più con l'ipotesi di una prassi che addirittura fa intervenire il Presidente della Repubblica prima che si proceda alle decisioni del governo è veramente una cosa che fa ridere". E' quanto ha affermato Silvio Berlusconi, ribadendo la necessità di un chiarimento sulla Costituzione per decidere quali sono realmente i poteri sia del Colle e sia della presidenza del Consiglio.

Dopo aver sostenuto la necessità di "un chiarimento della lettura delal Costituzione" il presidente del Consiglio ha aggiunto: "Sul come adesso ci riflettiamo e vedremo se dobbiamo arrivare a quelle riforme della Carta costituzionale che sono necessarie perché è una legge fatta ,molti anni fa sotto l'influsso della fine di una dittatura e con la presenza al tavolo di forze ideologizzate". Forze che "hanno guardato alla costituzione russa come a un modello cui prendere molte indicazioni".

"Certi poteri spettano al al governo e non al capo dello Stato"
Niente riforma presidenziale, "non c'entra niente casomai - riflette Silvio Berlusconi - è l'inverso. Non la voglio io, è dall'altra parte che si vogliono attribuire dei poteri che secondo l'interpretazione mia e del governo non sono del Capo dello Stato, ma spettano al governo". Silvio Berlusconi prende spunto dalla vicenda del decreto legge sul caso Englaro per sottolineare ancora una volta che "la decretazione d'urgenza spetta all'esecutivo, sennò - aggiunge il premier - uno va a casa...".

venerdì 6 febbraio 2009

Una pagina storica nera per la democrazia italiana

Fonte RAINEWS24

Varato il decreto su Eluana, Napolitano non lo firma. Alle 20 nuovo Cdm

Giorgio Napolitano

Nuovo consiglio dei ministri questa sera alle 20. L'ordine del giorno ufficiale della convocazione prevede "l'esame di un ddl in materia di alimentazione e idratazione" proposto dalla presidenza del Consiglio e dal ministero della Salute.

Le motivazioni del Capo dello Stato
"Io non posso nell'esercizio delle mie funzioni, farmi guidare da altro che un esame obiettivo della rispondenza o meno di un provvedimento legislativo di urgenza alle condizioni specifiche prescritte dalla Costituzione e ai principi da essa sanciti" scrive il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nella lettera inviata al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e resa nota dal Quirinale.

La Presidenza della Repubblica ha infatti diffuso una nota nella quale si legge: "Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha preso atto con rammarico della deliberazione da parte del Consiglio dei ministri del decreto-legge relativo al caso Englaro. Avendo verificato che il testo approvato non supera le obiezioni di incostituzionalità da lui tempestivamente rappresentate e motivate, il presidente ritiene di non poter procedere alla emanazione del decreto".

Il legale della famiglia Englaro: un atto costituzionalmente ineccepibile
"E' un atto costituzionalmente ineccepibile". Cosi' il prof. Vittorio Angiolini, legale della famiglia Englaro, ha commentato il rifiuto del presidente della
Repubblica di firmare il decreto legge approvato dal consiglio dei ministri relativo al caso di Eluana.
"I rilievi del presidente della Repubblica - ha proseguito il legale - corrispondono ad un illegittimita' estremamente grave dell'atto a lui sottoposto".
Per Angiolini "ancora una volta Napolitano si e' fatto garante della costituzione".

La delusione del Vaticano
"Sono costernato che in tutte queste diatribe politiche si ammazzi una persona" e
"sono profondamente deluso" dalla decisione del presidente della Repubblica, Giorgio Napolutano, di non firmare il decreto che avrebbe imposto lo stop all'alimentazione e idratazione a Eluana Englaro. E' quanto ha affermato il card. Renato Raffaele Martino, presidente del pontificio consiglio Giustizia e Pace.

mercoledì 4 febbraio 2009

Evvai

Sinistra democratica e Partito democratico progetti politici incompatibili. Per quanto? per due settimane?

EUROPEE:BETTINI,PRONTI ACCOGLIERE FAVA E NENCINI,NO PANNELLA


(ANSA) - ROMA, 4 FEB - ''Secondo me, come Pd dobbiamo essere disponibili, nel rispetto dell'autonomia di ognuno, a garantire rappresentanza in Europa alle forze piu' vicine a noi. Penso ai socialisti e alla Sinistra democratica di Fava. Su Pannella, invece, dopo le accuse che ci ha rivolto che dimostrano quanto la sua sensibilita' sia oggi lontana dal progetto del Pd, il
discorso e' chiuso''. Cosi', in un'intervista al 'Riformista', il coordinatore politico del Pd Goffredo Bettini ipotizza l'accoglienza nelle liste del Pd dopo il varo della legge elettorale europea.
Bettini non esclude di aver promesso al leader radicale, in occasione degli incontri per le politiche, un posto in Europa ma ''detto questo rilevo che le accuse che ci ha rivolto ieri dimostrano quanto la sua sensibilita' sia oggi lontana dal progetto del Pd''. (ANSA).

Apc-Europee/ Fava a Bettini: Sinistra alle urne, non ospite liste Pd
"Noi incompatibili con mal riuscito partito di centro"

Roma, 4 feb. (Apcom) - Il segretario di Sinistra democratica
Claudio Fava respinge l'offerta avanzata da Goffredo Bettini,
braccio destro di Walter Veltroni, di ospitare esponenti del suo
partito nelle liste del Pd per le europee. "Ringrazio Bettini -
commenta Fava - per l`intervista al 'Riformista' ma gli ricordo,
ancora una volta, che Sinistra Democratica e Partito Democratico
sono due progetti politici incompatibili".

"Il Pd - prosegue il leader di Sd - è un malriuscito partito di
centro, noi invece siamo impegnati nella costruzione di una nuova
Sinistra".

"Sinistra - conclude Fava - che sarà presente alle elezioni
amministrative ed europee con proprie liste, con il proprio
progetto e con i propri voti".

CONTRATTI: BONANNI, EPIFANI NON SI COMPORTI COME UN NOTAIO

(AGI) - Roma, 4 feb. - "Dico agli amici della Cgil di ricomporsi dentro al convoglio e a Epifani di non fare il notaio: si prenda le proprie responsabilita' di dirigente". E' quanto ha dichiarato il segretario nazionale Cisl, Raffaele Bonanni, durante il dibattito di Omnibus condotto da Gaia Tortora in onda su LA7. "Il sindacato non puo' fare dei decreti diktat nei confronti degli imprenditori ma deve trovare un accordo altrimenti - ha continuato Bonanni - in momenti di crisi come questa, il lavoratore rischia di essere abbandonato in un clima di assenza di regole. Non esiste prospettiva per il sindacalismo nel trovare queste derive protestatarie. Invece una minoranza rumorosa della Cgil ritiene ancora che il sindacalismo deve scandire suoi ritmi con l'antagonismo ma questa e' ormai una cosa fuori luogo. Solo con la partecipazione - ha concluso Bonanni - possiamo costringere ciascuno a prendersi la propria responsabilita', a cominciare dai dirigenti sindacali". (AGI)

Diliberto e il 4%

Diliberto qui spara una serie di cazzate: il modo in cui tira fuori la scissione del '98, il modo in cui giudica "sfigate" le proteste e il "mettiamoci insieme e facciamo un partito "meno piccolo".
Ammesso che queste agenzie riportino le sue parole in modo esatto, mi pare che il suo modo di affrontare la questione sia giusto nei contenuti (ovviamente li condividiamo), ma poco pertinente nella forma e negli argomenti, il che avvalora i legittimi dubbi sui veri contenuti di questa linea politica del PdCI.


Apc-Europee/ Diliberto: Basta fare gli 'sfigati'.Con Prc superiamo 4%
Non ci sono più ragioni per due diversi partiti comunisti

Roma, 4 feb. (Apcom) - Oliviero Diliberto invita i compagni di
Rifondazione a raccogliere la sfida dello sbarramento alle
europee rinunciando all'atteggiamento "un pò da sfigati" assunto
con le proteste contro i partiti più grandi che hanno d'intesa
cambiato la legge.

"Il mio giudizio sulla legge è molto pesante - dice il leader del
Pdci in un'intervista a Panorama del giorno - perchè è l`accordo
dei due più grandi per eliminare per via amministrativa e non
politica i più piccoli. E aggiungo che è un escamotage di
Veltroni che, come è noto, è in grande difficoltà per eliminare
la sinistra anche dal Parlamento europeo.

"Detto questo - prosegue Diliberto -, a me le proteste dei
piccolini con questa logica chiedo scusa per l`espressione un pò
da sfigati sinceramente a me non piacciono. C`è questa legge? Io
sono per accettare la sfida. C`è uno sbarramento al 4 per cento?
Noi e Rifondazione comunista superiamo senza problemi questo
sbarramento, andiamo in Europa continuiamo ad esercitare il
nostro ruolo.

Diliberto ricorda che "nel `98 c`erano delle ragioni molto serie
per separarci perché Rifondazione fece cadere, secondo me
compiendo un errore drammatico, il primo governo Prodi dopo
solo due anni dalle elezioni del `96, noi volevamo tenere in vita
il centrosinistra e rimanemmo nel centrosinistra, quindi ci
separammo per questo. Sono passati più di dieci anni, io non vedo
più le ragioni dell`esistenza di due diversi partiti comunisti
per giunta in competizione tra loro. Noi siamo pronti non
soltanto ad una lista insieme a Rifondazione comunista, io
propongo che ci rimettiamo assieme e facciamo un unico partito un
po` meno piccolo".

LEGGE ELETTORALE: DILIBERTO, PATTO SCELLERATO TRA BERLUSCONI E VELTRONI =

DA SUBITO AL LAVORO PER LISTA UNICA PDCI-PRC

Roma, 4 feb. - (Adnkronos) - La riforma della legge elettorale
per le europee ''e' un'autentica nefandezza", "il frutto di un patto
scellerato tra Veltroni e Berlusconi". Lo afferma Oliviero Diliberto,
segretario del Pdci ospite di 'Panorama del giorno' su Canale 5.

"Veltroni -aggiunge- porta a casa una soglia di sbarramento con
la quale pensa, e sbaglia, di annientare la sinistra, mentre
Berlusconi porta a casa la riforma del federalismo, su cui non a caso
il Pd si e' astenuto, la giustizia, le intercettazioni e un domani
anche le riforme costituzionali condivise. Francamente e' una
porcheria che non ha precedenti''.

''Tuttavia -prosegue- una volta che c'e' la soglia di
sbarramento io non credo che i partiti minori devono sbraitare piu' di
tanto. Accettiamo la sfida. I comunisti insieme non hanno paura di
nessuna soglia di sbarramento. Supereremo di gran lunga il 4%.
Lavoriamo da subito - conclude Diliberto - a creare una unica lista
comunista, dei Comunisti Italiani e di Rifondazione Comunista".


EUROPEE: DILIBERTO, UNICA LISTA ED UNICO PARTITO CON PRC =

(AGI) - Roma, 4 feb. - "Nel 1998 Prc compi' un errore
drammatico, facendo cadere il primo Governo Prodi. Ci separammo
per questo. Dopo dieci anni non vedo ragione per avere due
partiti comunisti. Serve un'unica lista ed anche un unico
partito. Noi e Prc supereremo il 4%". Lo afferma il segretario
del Pdci, Oliviero Diliberto, intervistato da Maurizio
Belpietro. Diliberto critica la riforma della legge elettorale
per le europee: "E' un accordo dei due partiti piu' grandi per
eliminare i piu' piccoli per via amministrativa e non politica.
E' un escamotage di Veltroni che e' in grande difficolta': il
Pd perde consensi perche' non fa una opposizione coerente. Ad
ogni modo - conclude Diliberto - non mi piace la logica da
'sfigati' dei piccolini. Noi e Prc supereremo il 4%". (AGI)

OdG Salva Vendola

EUROPEE: PRC CONTRO PD PER ODG 'SALVA VENDOLA'

(AGI) - Roma, 3 feb. - Rapporti sempre piu' tesi tra Rifondazione comunista e Partito democratico per la nuova legge elettorale europea. "Salva Vendola", viene definito cosi', dal segretario di Rifondazione comunista, Paolo Ferrero, l'ordine del giorno presentato dal Pd (tra i firmatari D'Alema, Marina Sereni, Livia Turco, Realacci e Zaccaria) e accolto per il governo dal ministro per la Semplificazione legislativa, Roberto Calderoli, nel corso dell'approvazione della nuova legge elettorale per le europee, che impone lo sbarramento al 4 per cento. In buona sostanza l'odg consentira' al Movimento per la sinistra di Vendola di presentare liste per Strasburgo senza il pesante impegno della raccolta delle firme di sostegno, in quanto rappresentante di "liste presentate da partiti o forze politiche gia' rappresentate in sede di Parlamento europeo".
Ferrero sottolinea: "Le dichiarazioni di Veltroni e la proposta dell'ordine del giorno 'salva Vendola' rendono finalmente chiaro che la scissione di Rifondazione comunista e' stata decisa in accordo con i vertici del Partito democratico, che infatti oggi se ne fa garante. Da un lato Veltroni sostiene di aver concordato con Giordano la soglia di sbarramento al 4 per cento, dall'altro il Pd permette agli scissionisti di presentarsi alle elezioni senza dover raccogliere le firme al fine di togliere voti a Rifondazione. La scissione di Vendola si rivela per quello che e' : una operazione fatta su commissione del Pd per cercare di distruggere Rifondazione e creare una sinistra addomesticata che faccia da copertura al centrismo di Veltroni". Secondo Ferrero: "Questo chiarisce bene come il problema che abbiamo dinnanzi: non e' se unire la sinistra o no, ma e' se fare una sinistra subalterna al Pd o una sinistra in grado di avere un suo progetto e una sua autonomia strategica. Noi, siamo impegnati su questa seconda strada".

3.2.09 - Ferrero: il Pd vero regista della scissione di Rifondazione. Operazione Vendola fatta su commissione
martedì 03 febbraio 2009

Dichiarazione di Paolo Ferrero, segretario nazionale del Prc

Le dichiarazioni di Veltroni e la proposta dell'ordine del giorno "salva Vendola" rendono finalmente chiaro che la scissione di Rifondazione Comunista è stata decisa in accordo con i vertici del Partito Democratico che infatti oggi se ne fa garante. Da un lato Veltroni sostiene di aver concordato con Giordano la soglia di sbarramento al 4% e dall'altra il PD permette agli scissionisti di presentarsi alle elezioni senza dover raccogliere le firme al fine di togliere voti a Rifondazione Comunista.

La scissione di Vendola si rivela per quello che è : una operazione fatta su commissione del PD per cercare di distruggere Rifondazione Comunista e creare una sinistra addomesticata che faccia da copertura al centrismo di Veltroni.

Questo chiarisce bene come il problema che abbiamo dinnanzi non è se unire la sinistra o no, ma è se fare una sinistra subalterna al PD o una sinistra in grado di avere un suo progetto e una sua autonomia strategica. Noi, siamo impegnati su questa seconda strada.

Panasonic -15mila

Fonte: Rai news 24

La ricetta anti crisi di Panasonic: prodotti 'verdi' e taglio di 15mila posti

Panasonic annuncia il taglio di 15mila posti di lavoro a livello complessivo e la chiusura di 27 impianti per contrastare gli effetti della crisi.

Panasonic ha dovuto rivedere al ribasso le stime su fatturato e bilancio 2008-09
prevedendo un rosso di 4,2 miliardi di dollari: si tratterebbe della prima perdita negli ultimi sei anni. La proiezione arriva dopo che nel terzo trimestre il gruppo ha
accusato perdite per 704 milioni di dollari. Da qui la necessità di in un ampio piano di ristrutturazione e contenimento dei costi.

L'altra linea d'azione di Panasonic è quella che porta a prodotti sempre più parchi nel consumo di energia. I nuovi schermi piatti sono sempre più sottili (2,5 centimetri) e assorbono la metà dell'energia richiesta dai modelli di un anno fa. La serie Z delle tv al plasma, ad esempio, taglia i consumi di energia rispetto ai modelli attuali del 40%

martedì 3 febbraio 2009

I conti tornano

EUROPEE:VELTRONI, 4% SALVA WALTER? MA SE ME LO CHIESE GIORDANO =
(AGI) - Roma, 3 feb. - "Ho letto le ultime dichiarazioni di
Franco Giordano che accusa il Pd di aver siglato un accordo su
una legge 'salva Walter'. Ma si da' il caso che proprio
Giordano fosse venuto nella mia stanza al Pd, insieme ad altri,
a chiedermi di lavorare per l'introduzione della soglia di
sbarramento al 4 per cento, dicendomi che loro non potevano
dirlo pubblicamente. Poi, ora che c'e' stata la scissione in
Rifondazione dicono il contrario". Cosi', a quanto viene
riferito da partecipanti alla riunione del gruppo Pd alla
Camera, il segretario Walter Veltroni ha riferito di un
colloquio con l'ex segretario del Prc sulla soglia di
sbarramento per le europee. (AGI)

Cosa significa Obama

Allora, compagni. Come tutti avete potuto vedere, il mondo, a far data dal 4 novembre, è cambiato. Il cielo è sempre più blu, la terra sorride aperta finalmente all'audacia della speranza, le nostre notti non sono più cupe, rivisitati come siamo dal sogno americano. Il messia è tornato, come aveva promesso, cammina non sulle acque, ma sull'etere, narrazione di parabola in parabolica, questa volta per messaggini. Vi ricordate l'11 settembre? Nulla sarà come prima. Tutto è stato come prima. Questo è un 11 settembre rovesciato. Di nuovo, «siamo tutti americani». E non cambierà niente. Niente di quello che ci interessa cambiare.
Avete capito che sto gettando acqua sul fuoco, non per spegnerlo, ma almeno per circoscriverlo. Poi, speriamo sempre che la scintilla infiammi la prateria. Non ci saranno dunque conseguenze? Altroché se ce ne saranno! La soluzione questa volta è stata trovata quasi all'altezza del problema. Quasi: perché la crisi di fase capitalistica è più grave, più tosta, dell'invenzione di immagine, della risorsa simbolica, che si è messa in campo. Ma comunque, questa conta, e come se conta! Lo vediamo in queste ore, in questi giorni. Gli Usa di ieri, frastornati, disorientati, depressi, sono «rinati», come i ridicoli cristiani delle loro sette. Il fatto macroscopico, quello su cui dobbiamo prendere a ragionare, quello dentro cui dobbiamo mettere anche il successo Obama, è la chiusura del ciclo neoliberista, il crollo della finanziarizzazione selvaggia del capitale, la rivincita dell'economia reale, che si fa di nuovo viva come crisi della produzione materiale, con tutte le paure, le incertezze, i bisogni di voltare pagina, che essa porta con sé. E' questo che ha reso possibile, perché necessaria, la vittoria della parola change. Non la spinta dal basso di una partecipazione popolare, con i suoi appassionati volontari, espressione spontanea della vitalità di una meravigliosa democrazia.Questa c'è stata, ma come un'onda provocata, raccolta e orientata verso un volto nuovo di «personalità democratica», che abbiamo già altre volte descritto come corrispettivo aggiornato della adorniana «personalità autoritaria». Attenzione. Qui l'accento batte non sugli aggettivi, democratica e autoritaria, ma sul sostantivo, personalità. C'è un problema preciso, teorico e storico: perché la democrazia, al pari del totalitarismo, ha bisogno, per funzionare, dell'idea e della pratica della personalità? Perché si fa il vuoto nelle istituzioni, e nelle organizzazioni, per riempirle poi con un volto? Problema. E un'altra cosa, meno astratta, più empirica. Da dove sono uscite le enormi risorse finanziarie di Obama, che hanno fatto apparire indigente nientemeno che la famiglia Clinton? In che percentuale sono state esse il frutto della mobilitazione dei neri, delle donne, dei giovani? E quali e quante le altre fonti?La mia idea è netta, e la esprimo in modo netto, perché se ne possa lucidamente discutere: Obama ha vinto, perché a un certo punto l'establishment ha scelto Obama. A un certo punto: all'inizio, solo pezzi di esso si erano esposti, i più avvertiti, di fronte al disastro finale di Bush, poi, con l'esplosione della crisi vera, il grosso non ha avuto più dubbi. E il personaggio è volato nei sondaggi, anch'essi non certo spontanei. In democrazia, vince chi riesce a farsi presentare come il prossimo vincitore. Abilità e forza comunicativa aiutando. Il cambio è niente altro che un cambio di leadership, nel tentativo di riacchiappare un'egemonia che scappa. E siccome si tratta di un'egemonia-mondo, ci vuole un global leader. Poteva assolvere a questa funzione il vecchio soldato MacCain? Evidentemente, no. Guardate lo spostamento dell'opinione pubblica mondiale, di destra, di sinistra e di centro, prima e dopo le elezioni americane. Impressionante. Anche qui è un'onda. Per resistere, bisogna come Ulisse farsi legare al palo della nave, visto che non possiamo non vedere e non udire.La verità è che gli americani sono oggi veramente in tutto debitori dei cinesi. Hanno infatti applicato alla lettera il motto di Deng: non importa se il gatto è bianco o nero, importante è che acchiappi il topo. Miei cari, i topi siamo destinati ad essere noi. Bisogna togliersi dalla testa che il partito democratico sia la sinistra e il partito repubblicano la destra americane. Non sono nemmeno il centrosinistra e il centrodestra, come vorrebbero i nostri ulivisti mondiali. Il bipartitismo perfetto e la perfetta alternanza di governo funzionano soltanto quando ci sono due partiti centrali di sistema. Sì, due diversi bacini di consenso, distribuiti socialmente e territorialmente, due blocchi di interessi tradizionali, molto mobili e trasversali, anche due scale di valori e di diritti, ma il tutto orientato sempre all'uno della grande nazione «eccezionalista». Impallidiscono i nostri nazionalismi europei di fronte a quello americano. Solo che quello non si chiama così. È Impero del Bene, religione democratica universalmente salvifica.
Chi più che un predicatore nero può oggi raccogliere le bandiere che i maledetti neocons hanno lasciato cadere nella polvere della guerra infinita? Se Malcom X diventa Obama, è perché il calderone di fusione ha funzionato alla perfezione. Nessun pericolo. Anzi, una formidabile opportunità. L'America è un luogo dove tutto è possibile: che un nero entri alla Casa Bianca e che diventi quindi un bianco qualunque. La novità c'è. Non è questo il punto. Ma l'arte di disporci dinanzi al nuovo in modo non subalterno, non l'abbiamo forse imparata? Il nuovo non ha un valore in sé, va misurato sulla nostra condizione presente, se siamo in grado di assumerlo e governarlo e piegarlo. Per quanto detto sopra, nei confronti di un cambio di leadership nel bipartitismo americano, io non faccio una scelta strategica, ma tattica. Chi mi conviene che vinca, chi mi lascia più spazio di movimento, chi mi consegna migliore capacità di manovra? Era opportuno uscire dalla grande crisi con Roosevelt, perché così le lotte operaie potevano imporre il compromesso keynesiano. Era giusto allearsi con gli Usa per sconfiggere militarmente il nazifascismo. Si poteva essere kennediani, se avevi alle spalle la forza del Pci e la potenza dell'Urss: non c'era pericolo allora di metterti nell'onda progressista, semplicemente subendola. Anzi ti serviva per innovare nel tuo campo. Il discorso è sempre quello: l'iniziativa di cambiamento del tuo avversario, o sei in grado di utilizzarla, o altrimenti ne rimani vittima. Perché mi sento di dire che non possiamo dirci oggi obamiani? Semplicemente perché siamo deboli. Non c'è in campo nessuna forza alternativa. Questo sarebbe stato il momento di una grande iniziativa del socialismo europeo. Non possiamo dare la supplenza al profeta del nuovo vecchio mondo. Così riconsegni la pratica egemonica, magari passando dall'unilateralismo al multipolarismo, a chi la stava giustamente perdendo. Il modo corretto di porre la questione, parlando politicamente, nel senso specifico del termine, è secondo me il seguente: Obama è adesso la figura nuova che assume il nostro avversario. Va ricollocata e rideclinata una proposta alternativa di organizzazione e di lotta sulla base di questa novità. Si apre un periodo di maggiori difficoltà. Era facile essere contro Bush, sarà difficile essere contro Obama. Si chiudono spazi per le esperienze di movimento, l'unica forma di soggettività emersa negli ultimi anni, non a caso a livello global, sul terreno dei partiti, nazionali, l'intendenza europea seguirà, l'Atlantico si farà più stretto. La luna di miele finirà, ma prima durerà. Tra l'altro, il giovanotto (!) è sveglio, è pragmatico, è cinico, è pigliatutto, ha perfino un pizzico di carisma, è intelligente perché si è circondato di persone mediamente intelligenti. Una machiavelliana presa di potere, perfetta. In questo, chapeau! Agli Stati Uniti d'America, gli unici in grado di far ancora tesoro del detto, mitteleuropeo: là dove c'è il massimo pericolo, lì c'è ciò che salva. Aprite il discorso della vittoria. L'incipit: giovani e vecchi, ricchi e poveri, democratici e repubblicani, neri, bianchi, ispanici, asiatici, nativi d'America, gay, eterosessuali, disabili e non disabili. «Siamo e sempre saremo gli Stati Uniti d'America». Che dobbiamo fare? Applaudire, alzare le braccia in segno di saluto, piangere di commozione? Confesso. Sono ormai arrivato - il tono di questo testo lo documenta - al limite massimo di sopportazione per questo modo impolitico, apolitico, antipolitico di parlare di politica. Una parentesi. Se ho ben capito come vanno le cose del mondo, e a questo punto di lunga età mi pare proprio che sì, ecco: chiunque dice «ricchi e poveri» è mio nemico. Questo è un criterio del politico, una verità teorica assoluta, un punto di orientamento pratico, che consiglio di coltivare in sé come una pietra preziosa. Chiusa parentesi. E vengo invece a un punto di problema, su cui ho qualche incertezza, perché sento che qui c'è un a partire da me, dal mio modo di esistenza, che potrebbe deviare e far sbagliare il giudizio. E chiedo anche qui un contributo di discussione, e magari una capacità avversa di dissuasione. Insomma. Chi sono queste masse? Parlo delle folle di Chicago e di tutta la lunga intensa campagna obamiana. Ma anche di quelle del Circo Massimo, se sono, anche questo è da discutere, più o meno le stesse. Le guardo con curiosità e diffidenza. A me paiono foglie mosse dal vento delle parole e delle immagini, singoli individui collettivamente incantati dal suono del linguaggio, indifferenti, per non dire ostili, alle idee, agli argomenti, alle analisi. Piazze virtuali, un popolo da second life, che non esprime qualcosa, ma vuole essere espresso da qualcuno. Si potrebbe dire che non è una cosa nuovissima. Il Novecento ha visto fenomeni analoghi. Ma, secondo me, c'è una differenza. La nazionalizzazione delle masse, come la socializzazione delle masse, si fondava su idee forti. Ci si riconosceva in una dottrina, si assumeva e si portava un'ideologia. Il culto del capo era l'appartenenza a un campo, l'assunzione di un progetto. Così la massa si faceva soggetto. E poi la razza, o la classe, erano fattori oggettivi. Qui, oggi, non c'è nulla di tutto questo. C'è solo la fascinazione per una narrazione. Obama non rappresenta i neri, rappresenta tutti. Veltroni non rappresenta i lavoratori, rappresenta i cittadini. E dunque queste piazze sono piene di un niente. È un problema serio, forse il più serio. Penso che accanto all'osservatorio sulle élites, dovremmo ragionare intorno a un osservatorio sulle masse. Come riportare dentro questo politico virtuale il principio di realtà? Da soli, soggettivamente, non ce la facciamo. Ci vuole una scossa sismica di alta intensità, di quelle che fanno saltare i pennini del sismografo. Dire, parlare, della sinistra, piccola o grande che sia, risulta, di fronte alla dimensione del problema, una chiacchiera da bar sul commissario tecnico della nazionale. Ci può aiutare solo la realtà stessa, sempre più ricca, rispetto a noi, di risorse imprevedibili, da scrutare e da utilizzare. Ma quale realtà, o quale pezzo di essa ci conviene che emerga? Qui, il discorso si fa duro, pronunciabile in parte, indicibile per intero. Io, se mai ne ho avuti, a questo punto non ho dubbi: meglio la crisi che lo sviluppo, meglio il conflitto che l'accordo, meglio la divisione aspra del mondo che la sua irenica unità. Sto parlando, realisticamente, del terreno più favorevole a che sorga una soggettività collettiva alternativa. Che non verrà da sola, senza un intervento politico dall'alto, a suggerire e a organizzare.





Stralcio dall'introduzione di Mario Tronti al volume collettivo "Passaggio Obama. L'America, l'Europa, la Sinistra. Una discussione al CRS provocata da Mario Tronti" (Ediesse, pp. 128, euro 9) in uscita a febbraio. I saggi raccolti sono a firma di Rita di Leo, Ida Dominijanni, Mattia Diletti, Luisa Valeriani, Stefano Rizzo e Roberto Ciccarelli. Il libro sarà presentato oggi (Roma, via IV Novembre 119/a, Sala della Pace).
Liberazione, 16/1/09


Risposta di Rossanda

GLI USA E NOI




di Rossana Rossanda
La promessa di Obama
La «Lettera provocatoria» (in Passaggio Obama , Ediesse) di Mario Tronti agli amici del Centro riforma dello Stato contro le aspettative messianiche poste in Barack Obama mi sembra indirizzata più al Partito democratico italiano che al nuovo presidente degli Stati uniti. Obama infatti non si presenta per quel che non è, ha giurato sulla Costituzione del suo paese, si propone di riportarlo al prestigio perduto senza guerra e rimettendone in vigore i diritti politici, non si professa né comunista, né socialista, né socialdemocratico - parole che negli Stati uniti non hanno gran senso. E' un democratico americano che una sola cosa promette: di cambiare la linea di politica interna ed estera di George W. Bush.

La potrà cambiare come e quanto un eletto del Partito democratico la può cambiare, cioè dentro un sistema capitalistico dove il mercato, parole sue, è imbattibile, ed è l'unico che gli Stati uniti conoscono e cui aspirano. E' molto? E' poco? Non è poco. Il capitalismo ha più facce, nessuna amabile, ma da diversi anni, come scrive Paul Krugman, ne presenta una delle peggiori. Che non è nata con Bush, si è affermata con Reagan. L'asse ne è stato un liberismo selvaggio, già fallito quando lo predicava von Hajek, ma ripredicato da Milton Friedman e dai suoi Chicago Boys, seguiti con entusiasmo dal Fondo monetario internazionale, dalle Banche centrali nonché dai trattati della nuova Europa. Lo aveva inaugurato Thatcher nel 1974, con la disfatta dei laburisti, e il crollo dei «socialismi reali» nel 1989 ha indotto ad aderirvi, confusi e pentiti, i partiti che ancora si chiamavano comunisti. E con questo è andato a pezzi quel che restava del «capitalismo benevolo» di marca rooseveltiana e più tardi keynesiana. L'arretramento delle condizioni di vita e della coscienza di sé da parte delle classi subalterne è stato grande, il salto tecnologico che poteva liberarle le ha schiacciate e precarizzate, le loro rappresentanze si sono indebolite e quel che in Europa si intendeva per democrazia - non solo votare ogni quattro o cinque anni ma contrattare salari e essere titolari di diritti di un'altra idea di società si è andato spappolando. Se nel secondo dopoguerra gli stati dell'occidente europeo avevano cercato di gestire il conflitto fra le classi, dalla metà dei '70 in poi, e precipitosamente con l'89, ne hanno disconosciuto fin l'esistenza. Produrre, come ebbe a dire perfino Berlinguer, diventava un valore in sé. Su questo Bush ha poi innestato la «guerra infinita», appoggiandone la gestione interna sul Patriot Act (del quale, detto per inciso, soltanto il manifesto si è accorto subito). Anche l'Unione europea si è fatta su questa filosofia, e quando Bush ha messo sotto i piedi i bei principi dei quali essa ammantava i vincoli di stabilità, concorrenza e competitività, si è dichiarata tutta americana (Francia esclusa). Quel che è accaduto, facilitando il successo di Obama, è che teoria e pratica liberista hanno deragliato con fracassso. Non sono state le sinistre, la classe operaia o le moltitudini a sbalzarle dai binari, ma l'ipertrofia della finanza - perdipiù virtuale quella su cui si è potuto puntare a profitti impensabili negli investimenti produttivi di beni materiali o immateriali. E' cresciuta la speculazione, il denaro diventava merce in grado di moltiplicarsi sul nulla, su crediti inesigibili, sui titoli «tossici» che banche e assicurazioni, dopo aver succhiato al di là di ogni limite i consumatori, si sono rimpallate per anni, prima di dover dichiarare di colpo, nel 2008, una bancarotta di dimensioni inimmaginabili. Ora gli stati attingono ai fondi pubblici, che saranno pagati dai contribuenti, per salvare le banche. Le grandi imprese, a partire dall'automobile, cui vengono meno i consumatori, ne chiedono anch'essi l'aiuto. Quello che pareva una bestemmia, dall'oggi al domani è diventato benefico e sollecitato dalla schiera degli economisti già liberisti. Soprattutto se dato gratis, senza contropartita, salvo nel Regno unito e forse negli Usa. Se a questo crollo della finanza, cui seguono a decine di migliaia, fra poco milioni di licenziamenti e una disoccupazione crescente, Obama riuscirà a metter un freno e ristabilire dei controlli, sarà un bene. Non è detto che ci riesca, ma certo non sono in grado di farvi fronte la classe operaia o le masse, senza più né una memoria né un'organizzazione che non vacilli. Anche se Obama riuscirà a mettere fine alla guerra sarà un bene, e non è detto che ci riesca per l'odio seminato nel Medio Oriente e l'ingiustizia assoluta mantenuta da quarant'anni nel conflitto fra Israele e i palestinesi. Per duro che sia riconoscerlo, c'è una dipendenza dalla potenza militare e ancora economica degli Stati Uniti, e un loro anche parziale mutamento di rotta riapre certi margini. Vorrà tentarlo, Barack Hussein Obama? Riuscirà? Tronti ne dubita e in ogni caso non gli basta. Nel dubitare esagera. Quella cui Obama ha dato voce è una rivoluzione simbolica, la sola che pare possibile ai nostri tempi anche a molti suoi interlocutori del Crs e le rivoluzioni simboliche sono comunque meno difficili di quelle che investono alle radici gli assetti di proprietà e di potere, cui peraltro sono necessarie. Quegli Usa che ora hanno intronizzato Obama avevano votato a piene mani il secondo mandato di Bush, a orrori e menzogne della sua guerra già noti. E' stato necessario che qualcuno svegliasse quel circa 16 per cento di cittadini in più dal sonno astensionista, forse l'eccesso dei morti d'una guerra troppo «infinita», certo un candidato più forte di quanto era stato Kerry e sarebbe stata la sola Hillary. Le prime mosse di Obama hanno confermato, nella chiusura immediata di Guantanamo, di fatto del Patriot Act, e nel mettere il negoziato al di sopra e prima della guerra, che non è un nero sbianchettato. Lo dice anche la chiamiamola così - prudenza dell'Europa e lo spiazzamento non solo di Berlusconi - ha ragione Dominijanni - ma di Sarkozy, per non dire dell'inquietudine di Israele, affrettatasi a lanciare e chiudere la razzia su Gaza finché erano ancora in carica Bush e i suoi. Altro è dire che il passaggio a un capitalismo meno guerrafondaio, più somigliante al «compromesso socialdemocratico», non basta: non basta a Tronti e neanche a me. Ma non è al presidente degli Stati uniti che affiderei una rivoluzione. A me Obama preme perché il suo effetto nella smorta Europa sarà forse di riaggregare le forze di quel vecchio e nuovo proletariato che oggi è preso alla gola ed appare schiacciato. Diversamente da Tronti, io non credo che il massimo di incertezza, sfruttamento e oppressione alimenti di più, se mai l'ha alimentata, una coscienza rivoluzionaria. Al più delle rivolte, che per gli stati sono un problema di ordine pubblico. Né i movimenti sono in grado di sostituire una forza organizzata e capace di egemonia. Essa mi sembra tutta da ricostruire. Come Tronti e, aggiungerei, Rita Di Leo, sono una novecentesca spero non del tutto impagliata: è una definizione che non si vuole affatto scortese di uno degli interlocutori, Mattia Diletti, della «Lettera provocatoria». E' che fra di noi c'è un lessico comune, cambiato nei più giovani. Un paesaggio dice cose diverse se guardato da un geologo, un agronomo, un possidente, un contadino, un pittore. In questi trent'anni gli sguardi sono cambiati più del paesaggio. Non sarebbe grave se non si affrettassero ad escludersi, anzi. Fra Mario Tronti e me, divisi sulla natura dell'agente di un mutamento di fondo dei rapporti sociali, è comune l'attenzione ai rapporti di proprietà dei mezzi di produzione, come ordinatori non unici ma primi di una società. Per i più giovani non è così. Ma di questo varrebbe la pena di discutere.

I voli tortura continueranno

Fonte: EUOBSERVER

US rendition flights to continue

LEIGH PHILLIPS

Today @ 09:25 CET

While the new US administration of Barack Obama has been cheered the world over for announcing the closure of the Guantanamo Bay, the banning of torture during interrogation and secret prisons, another affront to international human rights law - extraordinary rendition - is to be retained.

The Los Angeles Times on Sunday (1 February) revealed that according to executive orders signed by Mr Obama on 22 January, the CIA is to be permitted to engage in the abduction of terrorist suspects, so long as this is only performed for short-term periods.

Rendition flights under the Obama administration look set to continue (Photo: EUobserver)

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Rendition, popularly known as "torture flights," involves the apprehension and extrajudicial transfer of a person from one state to another.

According to a June 2006 report from the Council of Europe, some 100 people have been kidnapped by the CIA on EU territory (with the co-operation of member states) and rendered to other countries, often spending time in secret detention centres, also known as "black sites," along the way.

Estimates of the number of people rendered vary. A February 2007 European Parliament investigation concluded that the CIA conducted 1,245 such flights, many of them to destinations where suspects could face torture. The report also found many EU member states complied with the US programme.

The US daily quotes an anonymous administration official as saying that the practice could be expanded as it is the last mechanism that remains to capture individuals suspected of terrorism.

"Obviously you need to preserve some tools - you still have to go after the bad guys," the US official told the LA Times.

"The legal advisors working on this looked at rendition. It is controversial in some circles and kicked up a big storm in Europe. But if done within certain parameters, it is an acceptable practice."

According to Mr Obama's executive order on lawful interrogations, a task force has been created to look into the practice of rendition to ensure flights "do not result in the transfer of individuals to other nations to face torture," but does not outlaw the practice per se.

Separately, the Times of London on Monday quotes US senator Diane Feinstein, the Democratic chairwoman of the US Senate Intelligence Committee, as confirming the move, saying: "The finer points of it have to be fleshed out."

While the European Parliament has strongly condemned the practice, elsewhere in Brussels and in the chancelleries of Europe, others will be quietly relieved that Mr Obama seems unlikely to end the abductions, let alone investigate those responsible.

In June last year, Amnesty International issued a report condemning EU institutions and member state governments for taking little to no action since European participation in rendition came to light.

"Seven EU presidencies have passed since European involvement in renditions was first exposed and there has been no action whatsoever – not even an acknowledgement of Europe's complicity," said Nicolas Beger, director of Amnesty International's Europe office, at the time.

The report accused European countries of engaging in a range of obstructive behaviour: refusing to forward prosecutors' extradition requests to the US government, not conducting independent investigations and failing to provide investigators with files in those cases where there were indeed probes.

Bravi

EUROPEE: SI' A INTESA DA ASSEMBLEA PD, 4 CONTRARI

(ANSA) - ROMA, 3 FEB - L'assemblea dei deputati del Pd ha
dato il via libera all'intesa sulla riforma della legge
elettorale europea. Il voto, arrivato al termine della riunione,
ha registrato quattro contrari e due astenuti. (ANSA).

LEGGE ELETTORALE: GRUPPO PD VOTA SOGLIA AL 4%, QUATTRO NO E DUE ASTENUTI =
VOTANO CONTRO GLI 'ULIVISTI' E SI ASTENGONO CUPERLO E
POLLASTRINI

Roma, 3 feb. (Adnkronos) - Il gruppo del Partito democratico ha
votato la decisione di sostenere l'introduzione di una soglia di
sbarramento del 4% per il voto delle europee. Nella votazione ci sono
stati quattro voti contrari di esponenti 'ulivisti': Arturo Parisi,
Mario Barbi, Antonello La Forgia e Fausto Recchia. Si sono invece
astenuti Barbara Pollastirni e Gianni Cuperlo.