martedì 26 febbraio 2008

Fosco Giannini al CPN

Intervento di Fosco Giannini (L'ernesto) al Comitato Politico Nazionale di Rifondazione Comunista.


su L'ERNESTO del 25/02/2008


In questi ultimi anni, dal Congresso di Venezia in poi, sono accaduti molti fatti, il nostro Partito ha vissuto molte esperienze; l’una si è addossata all’altra, l’una è stata conseguenza dell’altra e tutte insieme hanno costituito la catena della nostra crisi, del nostro fallimento.

Oggi, noi di Rifondazione, somigliamo a quei personaggi del film “Germania anno zero”: uomini e donne che ondeggiano tra le macerie, così frastornati dalla rovina da non riconoscerla; così segnati dal caos da sbandare lungo strade bombardate e senza più direzione. Solo un andare cieco, avanti e indietro, avendo perduto ogni cammino e ogni meta.

Dal movimentismo estremo, che affidava al movimento stesso il ruolo di intellettuale collettivo, all’ipergovernismo prodiano; dall’innamoramento di Toni Negri a quello della Presidenza della Camera; dalla Sinistra Europea alla Sinistra Arcobaleno, passando attraverso un lungo processo di decomunistizzazione e abbandono – politico e teorico – del progetto di Rifondazione Comunista: avete prosciugato passioni, sentimento, senso della comunità: siamo lì, “Germania anno zero”, le macerie, lo sbandamento.

Il nostro gruppo dirigente ha lo sguardo sempre più simile a quei personaggi di Rossellini: perso nel vuoto di un dopoguerra, non sa più dove andare e dove portarci.

Edmund Koeler, il ragazzino tedesco di “Germania anno zero”, alla fine si getta nel vuoto, si suicida.

Il nostro gruppo dirigente sembra aver trovato una strada diversa per uscire dal proprio caos, dalla propria crisi: vuol ricostruire un partito “nuovo” sulle macerie di Rifondazione Comunista, un partito con Mussi, socialdemocratico come Mussi. E lo fa senza suscitare passioni, senza coinvolgere il nostro popolo, gli operai, i lavoratori, i movimenti di lotta, gli intellettuali; lo fa a freddo, una cosa da laboratorio politicistico, senza un programma, senza una strategia, se non quella dell’abbandono non solo dei simboli ma, soprattutto, della natura politica e culturale comunista, anticapitalista.

Il gruppo dirigente non si suicida come Edmund Koeler, ma si getta nello stesso vuoto.

“Volete superare l’autonomia comunista, volete costruire un partito nuovo di stampo socialista o socialdemocratico” – abbiamo sempre denunciato e sostenuto.

E sino ad un certo punto gran parte del gruppo dirigente ha risposto che ciò era falso: si stava solo costruendo una nuova soggettività (distinzione difficile da capire).

Vado constatando che ora, sotto la spinta delle cose, sotto la pressione vincente di Alfonso Gianni, Gennaro Migliore e tanti altri; sotto la spinta degli editoriali di Bertinotti sulla sua rivista (“Alternative”) e di Sansonetti sul suo quotidiano (“Liberazione”), vado constatando che tali rassicurazioni appaiono sempre più deboli e rarefatte e che ormai anche Giordano (a cui altre minoranze avevano accredidato tanta fiducia per l’avvenire) cita Alfonso Gianni e assume la sua linea liquidazionista.

Il partito “nuovo” – socialista, non più comunista – volete farlo. Ditelo, non prendete più in giro le compagne e i compagni.

Trovo curioso l’atteggiamento del gruppo dirigente, che ancor oggi non riesce a mettere in fila le cose, a cogliere il nesso che lega la linea politica di Venezia all’attuale (drammatica) nostra afasia, paralisi, immobilità rispetto alla campagna elettorale. Veltroni imperversa, sposta sempre più l’ago politico in senso moderato, erode sempre più Sinistra Democratica e noi siamo fermi, raggelati dai nostri errori, dal nostro caos, dalla nostra crisi di identità.

E’ un inizio di campagna elettorale in cui non abbiamo un’idea forte, non abbiamo una proposta, non abbiamo uno slogan, non siamo presenti, non siamo percepiti, non siamo sentiti, non suscitiamo passioni e sentimenti popolari. E questo Arcobaleno sembra un residuale e nostalgico segno della sinistra moderata degli anni ’80. Un segno freddo e identitario di vent’anni fa.

Ha affermato in questi giorni Bertinotti che la gente (la gente!) imparerà ad amare e ad affezionarsi ai nuovi simboli (svelando – maldestramente? consapevolmente? – che questi saranno, definitivamente, i nuovi simboli). Noi crediamo che l’amore e l’affetto per i simboli non possano crescere solo attraverso la loro reiterata apparizione sui media, sui manifesti, sulle schede elettorali.

I simboli prendono corpo e spirito, entrano nell’anima del nostro popolo, dei lavoratori, solo se rappresentano le grandi lotte, le grandi idee di liberazione, le grandi storie del movimento operaio e dei popoli. Solo se hanno il sangue e la storia viva della falce e il martello e della bandiera rossa!


Siamo già in campagna elettorale e i nostri compagni, la nostra base non se n’è ancora accorta. Il gruppo dirigente sta lì, attorcigliato su se stesso, in preda al panico e al senso di vuoto. Occorrerebbe uno scatto bruciante per affrontare questa campagna elettorale; occorrerebbe che si rimboccassero le maniche e scendessero nelle piazze i nostri iscritti, i nostri militanti. E tutti noi siamo chiamati a far sì che questo avvenga.

Ma la vedo dura. La vedo dura perché è difficile convincere i soldati a combattere senza dir loro per chi e per che cosa. E anche in questi giorni il gruppo dirigente non è capace di motivare l’esercito, di dargli una meta, di infondere coraggio, passione, senso del sacrificio. Sono troppi, anzi, i dirigenti che in queste ore si mobilitano per una sola battaglia: quella delle candidature.

Avremmo bisogno di un partito forte, organizzato, radicato e lo sciogliete; avremmo bisogno di un forte senso dell’unità a sinistra e corrompete e degenerate questo valore attraverso una nefasta precipitazione organizzativistica volta alla costruzione di un soggetto e di un partito nuovo.

Avremmo bisogno di una forte solidarietà interna e il gruppo dirigente risponde con l’attacco e l’emarginazione delle minoranze. Di quelle non dialettiche. Di quelle cattive!

Come facciamo, oggi, in queste condizioni a spingere tutte le nostre forze ad agire, a scendere nelle strade, nei quartieri per la campagna elettorale? E’ nostro compito, compito di ogni dirigente, sollecitare con la massima determinazione il lavoro per la campagna elettorale. Lo faremo e tutti dobbiamo farlo. Tuttavia lo stato d’animo creato dal gruppo dirigente è dei peggiori: hanno seminato freddezza invece che passione, hanno oscurato l’orizzonte prima della battaglia. Ed ora sta a tutti noi far capire che la destra è in agguato e che la sinistra non può distruggersi.

Ma al gruppo dirigente del nostro partito va detto: avete operato strappi dopo strappi ed ora vi assumete una grande responsabilità, quella di aver gettato la nostra base nell’inerzia, nell’accidia, nell’ibernazione politica.

Siamo di fronte al fallimento del governo Prodi; siamo di fronte al fallimento della nostra stessa esperienza di governo e non avanziamo ancora uno straccio di analisi seria, di riflessione sulla fase e su noi stessi.

Ciò è sconcertante e paradossale. Chi rimuove la realtà è condannato a commettere sempre gli stessi errori. Questa è la destinale e tragica coazione a ripetere che cresce sulla base materiale della rimozione e che Freud aveva individuato come uno dei segni delle depressioni gravi.

Abbiamo invece bisogno di mettere a fuoco i fatti concreti:

primo, la linea di Venezia, con la quale si passa dai movimenti alla subordinazione al governo Prodi e dunque alla NATO, agli Usa, all’Unione europea, alla Confindustria e al Vaticano; secondo, la rottura – pesantissima – con i movimenti; terzo, la crisi profonda del Partito, crisi di identità, di passione politica, di militanza, di appartenenza; quarto, la trasformazione giacobina, prepotente del nostro Partito nella Cosa Rossa, l’abbandono della falce e il martello e della nostra cultura anticapitalista e antimperialista, cosa che non possiamo tollerare e non tollereremo. Se il Congresso lo farete, ci vediamo al Congresso; quinto, lo smarrimento col quale ci avviciniamo alla campagna elettorale.

E’ possibile – mi rivolgo al gruppo dirigente – che non capiate che fra tutti questi fatti via sia un nesso? E’ possibile che ancora non abbiate compreso che i rapporti di forza sociali e l’attuale egemonia del capitale non ci permettono di andare al governo facilmente con le forze moderate e che dunque – oggi – la questione essenziale è quella di rimettersi alla testa di un nuovo ciclo di lotte sociali per cambiare i rapporti di forza, senza sognare alleanze governative col il Partito democratico di Veltroni, riallanciando, invece, i legami con il movimento operaio complessivo e con i movimenti?

E’ possibile che non capiate che questo cupio dissolvi verso il nostro Partito è la base materiale sulla quale nascono il disimpegno e l’abbandono di migliaia di compagne e compagni?

Noi facciamo la battaglia contro la cancellazione della falce e il martello. Voi ci rispondete che siamo identitari. Non ci provate! Non attacca! Rischiate di fare come D’Alema quando attaccava volgarmente i friggitori di salsicce del PCI e attaccando i friggitori di salsicce attaccava in verità tutti noi, tutti coloro che avrebbero costruito Rifondazione Comunista!

Toglietevi dalla testa che saremmo degli sprovveduti e dei trinariciuti! Non siamo identitari, siamo comunisti! E sappiamo bene che vi è un nesso preciso – specie ora, in questa fase – tra la cancellazione della falce e il martello e la trasformazione della natura politica del nostro Partito: da comunista a sinistra indefinita, socialdemocratica, socialista. E’ questo il punto, altroché identitari!

Noi sappiamo che la rimozione della falce e il martello è il prezzo da pagare a Mussi, è il prezzo da pagare per superare il progetto di Rifondazione Comunista e costruire un partito vagamente di sinistra.

Non difendiamo la falce e il martello come simbolo in sé: molto di più, difendiamo quell’appassionante progetto originario che puntava a rifondare un Partito comunista privo di nostalgie e all’altezza dei tempi e dell’odierno scontro di classe!

Per ultimo, la democrazia interna. Ho appreso che il compagno Ferrara ha delineato una distinzione tra minoranze buone e oppositori cattivi, oppositori da escludere, punire, emarginare.

Caro Ferrara, non capisco davvero che cosa vuoi dire: una minoranza è di per sé opposizione, se no sarebbe maggioranza o un’ala della maggioranza. Se una minoranza è quella di sua maestà, è quella servile, non è minoranza. E’ solo utilizzo di alcune differenze politiche a fini di lucro, di accumulazione di prebende e potere: è opportunismo! E l’opportunismo non fa bene alla verità e alla democrazia, anche alla democrazia interna al nostro Partito.

Le minoranze non possono che essere di opposizione, e cioè si oppongono, senza calcoli opportunistici e di sopravvivenza, ad una linea che non condividono!

La teorizzazione di una minoranza ingabbiata entro limiti politici decisi dalla maggioranza è un orrore antidemocratico. Se posso dire, era, questa, una delle pratiche più nefaste della fase degenerata dello stalinismo!

Caro Ferrara, cari compagni del gruppo dirigente al vostro posto sarei molto cauto nel tentare di emarginare ed escludere le minoranze. Vi sono migliaia di iscritti e militanti (da Vicenza a Milano, da Torino a Bologna, dalle Marche alla Calabria, dalla Sicilia alla Sardegna) che a queste minoranze tengono molto e per queste minoranze sarebbero disposte a battersi in modo determinato.

Queste migliaia di compagne e compagni hanno un rapporto ormai molto critico col Partito e per noi è stato e rimane difficile convincerle che la cosa giusta (l’unica possibile) è continuare a battersi nel Partito e militare per Rifondazione Comunista.

Sono migliaia di compagne e compagni, come ben sai, compagno Ferrara.

Noi li abbiamo sempre convinti a non andarsene a casa, a continuare la militanza, svolgendo così un’azione unitaria e volta al rafforzamento del Partito. Non convincerli tu, Ferrara, ad abbandonare la militanza e l’impegno politico.

Per ultimo, al compagno Giordano: non si può chiedere una moratoria interna per la campagna elettorale con il sorriso sulle labbra e con la spada in mano.

Ti dico tutto questo, compagno Giordano, solo per necessità di una discussione politica, non per altro.

Perché mai, anche se potessi, scambierei una mia candidatura con la rinuncia alle cose in cui credo, con la rinuncia alla battaglia politica.

domenica 24 febbraio 2008

Quanto pesa Sinistra Democratica

Sd perde pezzi e voti ma acquista peso nell'Arcobaleno

di GIANNI DEL VECCHIO

su Europa del 20/02/2008

COSA ROSSA. «TAVOLO TECNICO SULLE LISTE CONVOCATO AD OLTRANZA. SINISTRA DEMOCRATICA SPUNTA PIÙ POSTI DEL PREVISTO

Un partito nato da poco, che ancora non ha avuto modo di misurarsi elettoralmente, che alcuni sondaggi danno attorno l'uno per cento e che sconta una costante emorragia di dirigenti e sostenitori. Insomma, un partito in ginocchio, ma che intanto è riuscito a spuntare più posti nelle liste rispetto al suo peso reale. Stiamo parlando di Sinistra democratica e delle grandi manovre delle ultime ore per ottenere più spazio possibile nelle fila della Sinistra arcobaleno. Il partito di Mussi infatti deve fare i conti con le continue defezioni da parte dei propri uomini, e cioè chi l'anno scorso non ha creduto al progetto del Pd e ha preferito dar vita a un soggetto che facesse da collante fra sinistra radicale e riformista. È notizia di ieri che anche Olga D'Antona, la moglie del giusla-vorista assassinato dalle Brigate rosse, ha abbandonato Sd per andare a ingrossare il movimento guidato dall'ex sottosegretario agli esteri, Famiano Crucianelli. Un movimento che ha come obiettivo quello di rafforzare l'ala sinistra del Partito democratico e che domenica si presenterà agli italiani, "battezzato" da Veltroni in persona e dal segretario generale della Cgil, Epifani. Proprio la presenza della Cgil, che si concretizza nell'adesione del segretario confederale Paolo Nerozzi. è il vero valore aggiunto della costituenda associazione, soprattutto sotto il profilo del pacchetto-voti che sottrarrà a Sd per portarlo in dote al Partito democratico. Ma non solo. Crucianelli è anche l'editore della rivista Aprile e del connesso sito internet, due media molto conosciuti e frequentati dalle parti della Sinistra arcobaleno. E che da oggi e fino alle elezioni non si occuperanno più solo di Cosa rossa e dintorni. «La missione editoriale è cambiata - sottolinea Crucianelli - e deve cambiare anche la collocazione. Fino alle elezioni Aprile resterà equidistante fra Pd e Cosa rossa, con Giovanni Berlinguer a fare da garante. Ma a maggio ci sarà un ripensamento complessivo».
Insomma, il progetto di Mussi segna il passo, in crisi di uomini, mezzi e prospettive. Nonostante ciò, è riuscito a strappare agli altri partiti dell'Arcobaleno più posti in lista del previsto, grazie a un aut aut nella notte fra lunedì e martedì. Alla fine la percentuale di nomi nelle liste sarà questa: 45 per cento Prc, 19 a testa Verdi e Pdci, 17 per Sd. Un 7 per cento in più per gli uomini di Mussi rispetto al 10 di partenza. Il che, tradotto nei numeri della camera, significa passare da sei a nove deputati. Un ottimo risultato, soprattutto se si pensa che è stato ottenuto in tempi di vacche magre. Si prevede infatti che la pattuglia arcobaleno sia destinata quasi a dimezzarsi alla camera: dai 91 attuali a poco più di 50.
E infatti il clima di austerity sta mettendo in forte difficoltà la stessa Rifondazione. Per sua stessa ammissione, l'attuale capogruppo al senato Russo Spena corre il rischio di restare fuori dal parlamento: «Fra il principio della parità di genere e circa il 20 per cento di candidati indipendenti, il numero di seggi disponibili si riduce di molto». Oltre all'alternanza uomo-donna e la presenza di candidati esterni ai partiti (su questo punto ogni forza farà da sé), altro elemento di accesa discussione al tavolo tecnico che si occupa del nodo liste è l'introduzione del tetto massimo di due legislature, caldeggiato soprattutto da Giordano. Alla fine dovrebbe passare, seppur con un meccanismo che permetta un certo numero di deroghe.


E Da APRILE ONLINE

Governare da Sinistra

E.S., 24 febbraio 2008, 14:04

Governare da sinistra Politica Al Teatro Capranica un incontro dal titolo "Per una sinistra di governo", al quale partecipano con i loro interventi Walter Veltroni e Guglielmo Epifani. L'obiettivo è quello di raccogliere esperienze e contraddizioni, in una sintesi utile alla costruzione di un paese diverso, che esige nuove visioni politiche e urgenti soluzioni sociali



Si inizia di mattina presto per essere domenica, ma al Teatro Capranica la sala si riempie in poco tempo. L'occasione è l'incontro "Per una sinistra di governo", promosso da alcune componenti politiche (già Sinistra democratica) e una fetta di sindacato Cgil, con l'intenzione di discutere e confrontarsi con il progetto-Pd, dentro e fuori lo stesso partito. Sul palco Famiano Crucianelli e Paolo Nerozzi, insieme a Olga D'Antona e Massimo Cialente, che partono proprio dalla scelta di non proseguire la loro esperienza dentro Sinistra democratica. In prima fila (puntualissimi) gli invitati speciali della giornata, Walter Veltroni e Guglielmo Epifani.

"Sinistra democratica non è mai stata negazionista -è l'esordio di Crucianelli-: ma il suo progetto politico non ha mantenuto le aspettative". Al centro di alcune polemiche emerse in queste settimane, il sottosegretario agli esteri chiarisce: "Malgrado quanto detto e scritto negli ultimi giorni, non ho alcuna intenzione di candidarmi; e la scelta di avviare un confronto con il programma e il progetto del Pd scaturisce soprattutto dall'esigenza di evitare quello che per il paese sarebbe un disastroso ritorno del governo Berlusconi, al quale si deve contrapporre una forza capace di cogliere l'onda profonda del cambiamento. Un'esigenza collettiva che può portare a risultati sorprendenti, come fuori d'Italia dimostrano i successi Obama e le recenti elezioni nel territorio dell'Assia". La chiusura di Crucianelli, ricordando l'impegno di una sinistra da costruire non più soltanto nei termini di una delimitazione fatta "con i paletti", ma che respiri le aspirazioni e le priorità del nuovo secolo, torna sul rapporto con Sd: "Voglio fare i più sinceri auguri a Fabio Mussi per una pronta guarigione e un ritorno immediato all'attività politica, ricordando che quando ci si separa non dobbiamo far diventare primo nemico quello che è stato il nostro convivente".

A seguire Paolo Nerozzi, il quale gira direttamente a Veltroni una serie di questioni da affrontare con urgenza, quello del lavoro su tutti nelle sue varie declinazioni, da quello pubblico (citando la legge D'Antona del '98) alla scuola e la formazione come passaggi fondamentali per migliorare la qualità delle professioni, senza dimenticare, tra i temi sociali di stringente attualità, su tutti la violenza psico-fisica consumata a Napoli in materia a proposito di "194".
Nerozzi ripercorre i vari passaggi che hanno determinato una rottura tra parti della sinistra e del sindacato: "Se oltre cinque milioni di lavoratori avevano votato il referendum giudicando positivo l'accordo sul Welfare del 23 luglio, si doveva rispettare quella scelta, cogliendo il segno dei tempi. Cosa che invece, con la manifestazione del 20 ottobre, non è stata fatta. L'otto e nove dicembre, a quel punto, ha finito con il rappresentare un punto di non ritorno".

Arriva il momento del segretario del Pd.
Veltroni non si dice affatto sorpreso della presenza di così tante persone in un orario e una giornata così insoliti, perché "conosco voi e la vostra passione politica, per questo speravo che ci saremmo ritrovati. E aggiungo che in questi miei primi giorni di viaggio nelle province italiane (undici delle centodieci previste), ho incontrato migliaia di persone, giovani in particolare che non si avvicinavano alla politica da molto tempo, o non lo avevano mai avvicinata. Ecco perché è sbagliato parlare di antipolitica: piuttosto i cittadini erano e sono stanchi di una politica e dei suoi apparati, che vogliono sostituire con una che proponga e rappresenti un sistema concreto di valori".

I temi toccati dal leader Pd sono quelli che del cambiamento, che guardi specialmente alle nuove generazioni, dato che gli italiani "vogliono iniziare un cammino nuovo, più razionale, più sereno, più europeo". Veltroni ribadisce che la "vocazione maggioritaria", già annunciata in tempi non sospetti nel discorso pronunciato al Lingotto dopo il risultato delle primarie, ha portato a uno piazzamento di "coloro che ancora navigano all'interno di uno schema novecentesco". Quello di cui si ha bisogno è un paese "dinamico e aperto", che si liberi dalle maglie di un conservatorismo certo di destra, ma che è appartenuto anche a una certa sinistra, tesa molto a "difendere e tutelare, ma poco a costruire i nuovi diritti che richiede una società mobile e in divenire".
Si arriva così al passaggio riguardante il precariato giovanile, di cui secondo Veltroni "per anni non si è occupato nessuno". Questa è la sfida più importante per tentare di rafforzare un sistema di rinnovamento che deve finalmente guardare alla "meritocrazia, alle pari opportunità, al talento, alle capacità individuali e collettive, alla voglia di fare". Anche se tutto questo spesso nel nostro paese non è sufficiente, perché "L'ascensore sociale si è rotto".
Le conclusioni del segretario (prima di raggiungere il Palalottomatica per il saluto ufficiale alla città di Roma dopo sette anni da primo cittadino), tornano a guardare una politica nella quale il Pd, nella sua scelta di correre "libero", è come se implicitamente avesse fatto una parte di riforma elettorale costituzionale. "Ora gli elettori, con il loro voto, possono fare la parte che resta".

Per Guglielmo Epifani, intervenuto subito dopo Veltroni, il problema centrale è comprendere come la politica viva le trasformazioni in atto nel mondo del lavoro. Il segretario della Cgil ricorda quanto si stava per realizzare in accordo con il governo Prodi prima della sua caduta (compreso il superamento della Bossi-Fini), vale a dire il tavolo sulle tariffe, la restituzione fiscale, la formazione professionale, che "giustamente Veltroni ricorda che riguarda non soltanto i giovani, ma anche i cinquantenni che possono trovarsi in difficoltà da un punto di vista lavorativo, e hanno bisogno di una nuova collocazione". Naturalmente anche Epifani torna sulla "questione giovanile", sottolineando che "senza sviluppo non c'è reddito, senza crescita mancano le opportunità per le nuove generazioni; così come è obbligato tornare all'accordo del 23 luglio, per il quale anche il leader del sindacato è convito che "si doveva avere più rispetto", dato che, diffidando di chi promette tutto a tutti, ai programmi faraonici sono preferibili programmi precisi: "Non si può più predicare in un adirezione e operare verso un'altra -ammonisce Epifani-, perché proprio il referendum dei lavoratori ha dimostrato che i lavoratori, consapevoli di dover pretendere di più, comunque preferiscono piccoli passi, ma passi in avanti, e passi concreti". Scuola e formazione, legati indissolubilmente a un intervento importante nel miglioramento dei servizi pubblici, devono fornire quello scatto decisivo per "riacquistare fiducia nel futuro, e riprogettare il paese".

Di seguito ai due segretari, è Olga D'Antona a ricordare l'importanza politica di una sinistra che sappia guardare e dialogare con le innovazioni e le trasformazioni politiche e sociali che stanno attraversando l'Italia; così come Vincenzo Vita, prima delle conclusioni dello stesso Crucianelli, rivolge sinceri auguri alla Sinistra Arcobaleno, ma ritiene utile e indispensabile la ricerca di nuove soggettività a sinistra: "Una sinistra diversa, per una società che in questi ultimi anni è molto cambiata". Di qui il percorso culturale e politica della "sinistra per Veltroni", che potrebbe incontrare quello di un'associazione "Sinistra per il governo", anche se tutto è ancora da vedere.
Per il momento, è stato di certo opportuno questo dialogo su molti argomenti, dalla "centralità dei lavori", già menzionata da Epifani, all'idea di collaborare insieme per assolvere ai compiti storici della sinistra, che sono quelli di raccogliere esperienze e contraddizioni nel tentativo di trovare una sintesi produttiva. Ecco perché l'obiettivo non deve essere quello di una "corrente" dentro il Pd, quanto quello ben più importante e ambizioso di una sinistra presente nella politica e nella società come "un forza moderna e riformista".

Concetti, questi, confermati nelle conclusioni di Famiano Crucianelli, laddove si ribadisce la necessità di lavorare insieme per sconfiggere il pericolo di un ritorno della "destra-centro", attraverso la costruzione di un'associazione che guardi inoltre a una sinistra di governo, per partecipare di un progetto compiuto e ben delineato.
Nel corso della campagna elettorale, i primi passi in questa direzione potrebbero già essere avviati. Vedremo come.

sabato 23 febbraio 2008

Lo dice anche Veltroni. Mi era sfuggito.

Veltroni: "Grave errore non aver fatto le larghe intese"

"Le larghe intese? grave errore non averle fatte" dice Valter Weltroni rispondendo alla proposta di Silvio Berlusconi in caso di pareggio elettorale. "Qualunque persona di buon senso
direbbe: perchè non l'avete fatto prima?"

I programmi di Pdl e PD si assomigliano. Parola di Fini.

Fini: "Non sarà pareggio"

Se anche i programmi di Pdl e Pd "si assomigliano", "i valori di riferimento sono diversi". Gianfranco Fini, dal palco della Fiera di Verona, indica ai militanti di An Walter Veltroni come "l'Houdini della politica italiana". Un politico che, secondo Fini, "come l'illusionista francese vuol far sparire, magari nascondendolo nel pullman, quello che è il risultato di due anni di governo" di centrosinistra. "Finalmente - sottolinea Fini - anche Veltroni ha capito che fra capitale e lavoro ci deve essere concordia e non lotta di classe".

venerdì 22 febbraio 2008

Voto sulle missioni all'estero

Liberal, 22 febbraio 2008
Missioni all'estero, via libera alla Camera e la sinistra arcobaleno va subito in pezzi

Alla prima verifica la Sinistra arcobaleno è andata in pezzi. E com'è successo nel corso di tutta la legislatura, anche nell'appendice andata ieri in scena a Montecitorio sono state le missioni all'estero a provocare le divisioni. La Camera ha approvato il decreto con 340 voti favorevoli, compresi quelli di centrodestra, e 50 contrari, arrivati da Rifondazione e Comunisti italiani, che non sono riusciti a trovare una linea comune con Verdi e Sinistra democratica. Le rappresentanze dei partiti di Pecoraro Scanio e Mussi non hanno partecipato al voto, nonostante il Prc abbia tentato fino all'ultimo una mediazione: Franco Giordano sarebbe stato disposto anche ad assecondare la linea dell'astensione, poi ha dovuto recedere per non farsi svavalcare a sinistra dal Pdci. Sul decreto per le missiioni all'estero ora dovrà pronunciarsi il Senato, dove le componenti della Sinistra arcobaleno rischiano di dividersi ancora.

giovedì 21 febbraio 2008

PD: ridiscutere art.18


Apc-*ELEZIONI/ ICHINO: PD DIVERSO DA PCI, RIDISCUTERE ANCHE ART.18 "Materia promettente" il programma del Partito democratico Roma, 21 feb. (Apcom) - L'articolo 18 dello statuto dei lavoratori si può ridiscutere. Ne è convinto Pietro ichino, professore di diritto del lavoro che dà un sostanziale via libera al programma del Pd per quanto riguarda la battaglia per la modernizzazione dell'impiego pubblico e la contrattazione ("c'è un'apertura e una convergenza esplicita e puntuale") mentre sul mercato del lavoro "il programma indica l'obiettivo giusto, quello della migliore flexicurity europea" ma "sul come realizzarla ci sono diverse proposte sul tappeto... C'è materia per una discussione promettente". Sull'articolo 18 Ichino che vincola la sua candidatura nel Pd all'accoglimento di queste proposte ha una posizione netta: "Io sono per una grande intesa tra imprese e lavoratori: le prime rinunciano alla giungla dei contratti precari e atipici, i secondi accettano che tutte le nuove assunzioni avvengano con un contratto a tempo indeterminato con grado di stabilità crescente nel tempo". Negli anni '70 e '80, riflette oggi Ichino, "io ero 'eretico'...il Pd è un partito totalmente diverso rispetto al vecchio Pci, ma è molto diverso anche da Pds e Ds".

martedì 19 febbraio 2008

L'inno sovietico non rappresenta la storia del movimento operaio. Grazie Bertinotti.

Corriere della sera – 16 febbraio 2008
Bertinotti cade sull’inno Urss

Fuori programma musicale alla Invasioni barbariche su La7.A Fausto Bertinotti, candidato premier della Sinistra arcobaleno, intervistato da Daria Bignardi, viene chiesto di riconoscere una musica con un coro russo. Bertinotti non riesce a indovinare e si difende: “E’ troppo orientale”. La conduttrice lo riprende: “Il presidente finge di non conoscere l’inno sovietico”, lui replica: “Io conosco l’Internazionale, ma l’inno sovietico no, non rappresenta la storia del movimento operaio”. E conclude: “Non ho una così alta frequentazione con quell’inno. Preferisco quelli italiani, come Bella ciao o Bandiera rossa, ma questi inni con questo passo militare non mi piacciono per niente”.

venerdì 15 febbraio 2008

Aprile e la CGIL

Un «Aprile» senza Arcobaleno, si dimette anche il direttore

di Loris Campetti

su Il Manifesto del 14/02/2008

Serafini lascia e si svuota il comitato editoriale. Contro la scelta dì Crucianelli di tornare verso il Pd

C'era un volta Aprile, mensile di sinistra per la sinistra plurale. Nacque da una speranza e un investimento, era la breve stagione di «Cofferati santo subito» al tempo di Berlusconi, quando la Cgil si batteva in difesa dello Statuto dei lavoratori e dell'artìcolo 18 diventando un pùnto di riferimento per culture e movimenti d'opposizione e militanti sciolti non pacificati. Un giornale e tanti circoli territoriali in giro per l'Italia. Il «capo» del giornale è Famiano Crucianelli, professione parlamentare (sette legislature con il Pdup, Pci, Rifondazione, Pds, Ds) con promozione finale a sottosegretario. Crucianelli è stato il leader dei Comunisti unitari, formazione nata da una scissione di Rifondazione nel 1995. E' sua la proprietà di Aprile (attraverso la cooperativa Propedit), giornale diretto inizialmente da Aldo Garzia che gli ha garantito un forte impegno politico-culturale, poi da Carla Ronga in un breve interregno (ora direttrice del sito on-line) e infine dal nostro collaboratore storico Massimo Serafini, chiamato da Crucianelli per rilanciare il giornale come strumento di riunificazione delle forze politiche a sinistra del nascente Pd. Serafini accettò l'incarico a due condizioni: 1) l'uscita dai Ds della sua componente di sinistra, già Correntone; 2) non dover prendere la tessera di Sinistra democratica: «non mi iscrivo a un partito - chiari - ma a quattro. Cioè lavoro per la costruzione di un soggetto unitario». Ieri questa storia si è conclusa con una lettera di dimissioni firmata da Serafini e Gabriele Trama ai «proprietari» del giornale. Non ci stanno al repentino salto di corsia di Crucianelli che ha annunciato la sua uscita da Sd e l'avvio del ritomo a casa, in casa Pd, magari costituendo un'associazione di transizione che avrà nel titolo due termini, unità (con chi?) e sinistra (quale?).
«Ho appreso della scelta di Crucianelli leggendo i giornali», spiega Serafini annunciando l'addio. Non è il solo, insieme a Trama, a ritenere conclusa la sua collaborazione con Aprile. Molte delle personalità delle varie, sinistre che fanno parte del comitato edititoriale non condividono la scelta di Crucianelli: Da Luciana Castellina a Betty Leone, da Giovanni Berlinguer a Fava, Martone, Napolitano, Agostinelli, Bandoli, Buffo, Vendola, Beni. Ma c'è anche chi, al contrario, sta compiendo la stessa scelta di Crucianelli o addirittura ne ha tracciato per primo il percorso: è il caso del segretario confederale della Cgil Paolo Nerozzi, alla testa del gruppo di sindacalisti in fuga da Sinistra democratica, in polemica con la scelta unitaria, alternativa al Pd, fatta con Prc, Pdci e Verdi. Con Nerozzi, però, è schierata solo una parte dei dirigenti della Cgil che avevano iniziato l'avventura di Mussi e Salvi, o che comunque aveva preso nettamente le distanze dal Pd sostenendo la nascita di un soggetto unitario a sinistra; mancano all'appello i segretari generali di importanti categorie (Rinaldini della Fiom, Leone dei pensionati, Chiriaco dell'agroindustria) e di camere del lavoro e regionali (Puglia), l'ex segretaria confederale Titti Di Salvo, mentre anche nell'attuale segreteria confederale non mancano i dubbi di qualcuno/a. D'accordo con Nerozzi, invece, ci sarebbero i segretari della scuola Panini e della funzione pubblica Podda, tutti e tre nel comitato editoriale di Aprile. E sicuramente la segretaria confederale Carla Cantone.
Ma in Cgil sono in tanti, forse in troppi, a tifare Pd e Veltroni sarà costretto a scegliere. Alcune scelte il sindaco d'Italia le ha già fatte, per esempio di non accettare una lista del tipo «Sinistra per Veltroni» che lo stesso Nerozzi avrebbe tentato di costruire. In pole position per entrare se non nella storia nelle liste del Pd ci sarebbe uno dei rappresentanti storici della destra Cgil: il segretario confederale Achille Passoni. I giochi sono appena iniziati, ma il Pd potrà godere di un nuovo sostegno che alla vigilia era tutt'altro che scontato: il giornale Aprile epurato e corretto da Crucianelli.

giovedì 14 febbraio 2008

Il Declino del Sistema Occidentale

Il declino del sistema occidentale

di Davide Rossi

Non è abitudine della nostra rivista riflettere sull’immediata contingenza. Da nove anni uniamo ricerca storica, interessi culturali, capacità di analisi prospettiva verso il futuro. Una serie di avvenimenti tuttavia devono d’esser presi in considerazione. Sarà, non solo per le olimpiadi, l’anno della Cina, alla quale si danno, da parte occidentale, tutte le colpe del pianeta. Ultima in termini di tempo la scarsità di cioccolato prevista per i prossimi mesi. Sì, perché i cinesi mangian cioccolato e le ditte occidentali non hanno cacao a sufficienza e le coltivazioni mondiali non possono aumentare le produzioni ai ritmi della domanda, a meno che intervenga la piaga del cacao transegenico, il quale come tutti i prodotti ogm alla lunga rende sterili le terre. Il pianeta è al collasso ambientale, eppure proprio la Cina – che ambisce a raggiungere un livello di consumi pari in media al 25% di quelli di un cittadino europeo, ovvero consumare tre volte meno di noi - è la dimostrazione del totale fallimento del progresso fondato sulla crescita dei consumi. Prima vittima l’Occidente, il quale ha propagandato nella vittoriosa guerra fredda il mito del “consumate di più”.

Eppure nel momento in cui la Cina e l’India vincono sui mercati mondiali, esportano, crescono e i loro cittadini, o almeno una bella fetta di quegli oltre due miliardi di persone, vogliono automobili, carta igienica e cioccolato, il prezzo del petrolio s’infiamma e le riserve si esauriscono e si perdono, come nel caso della Nigeria o dell’Irak, in cui donne e uomini di quelle terre, spesso definiti terroristi, difendono la loro unica ricchezza incendiando i pozzi e impedendo il furto del greggio da parte delle compagnie multinazionali, la deforestazione annienta la Siberia, i produttori di cioccolato annaspano perché la Cina se lo produrrà da sé, acquistando cacao, riducendo per gli occidentali le vendite e aumentando i costi della materia prima. Tre esempi. Potrebbero essere mille. Il sistema occidentale come lo abbiamo conosciuto e come ce lo hanno insegnato è finito.

Le condizioni di vita dei cittadini europei non potranno che peggiorare perché il divario tra noi e il resto del mondo è enorme e il sud del pianeta lo sta riequilibrando con il sudore del suo lavoro, che ambisce ad acqua calda in casa e non ad un secchio di acqua fredda al giorno, mentre ferve corre l’accaparramento dell’oro blu e la sua privatizzazione, ad un’automobile, alla carta igienica, a un po’ di cioccolato, … Il problema è: chi lo dice tutto questo agli europei? Chi spiega che i loro soldi saranno sempre meno e il loro potere di acquisto sarà sempre più basso, che le loro condizioni di vita dovranno orientarsi ad una riduzione dei consumi e, osiamolo dire, peggioreranno? Nel frattempo il presidente - dittatore francese straparla, Zapatero inneggia ad un fantomatico miracolo spagnolo, il nostro buon Prodi auspica e spera. La signora Merkel in data 15 gennaio ’08 in una conferenza stampa, all’ennesima domanda idiota sulla crescita, azzarda la verità: la crescita è quasi impossibile, la competizione internazionale insostenibile quando i salari europei sono decine di volte più alti di quelli del resto del mondo, la crisi della speculazione finanziaria innescata in estate dal debito statunitense incontenibile, i costi delle materie prime energetiche e alimentari crescono con la domanda, quindi ci saranno sempre meno prodotti e sempre più cari. Incredibile tanta onestà nelle parole del cancelliere democristiano, almeno complimenti.

Il dubbio è se valutare questa dichiarazione sulla crisi, il declino e la fine del sistema occidentale come un buon passo verso nuove politiche sociali in Europa e nuove relazioni internazionali, oppure come un segno drammatico di disperazione, di ammissione del fallimento. Siamo più inclini a credere ragionevole la seconda ipotesi. Intanto in Italia grandi interessi e interessi malavitosi speculano sull’immondizia, mentre la televisione – attraverso tardive pubblicità progresso - invita a spegnere le luci che non si usano per risparmiare energia, i politici si agitano quando gli studenti di Roma ritengono che la tribuna dell’apertura dell’anno accademico di un ateneo pubblico sia poco adatta per le parole di un uomo che non ha promosso il dialogo come il cardinal Martini, ma ha sospeso decine di teologi. Pure la Slovenia, che salutiamo per la prima presidenza dell’Unione Europea affidata ad un paese dell’est, si trova obbligata a ripetere le parole dell’incontro inter - governativo di Lisbona di dicembre: “fare dell’Europa la zona più competitiva del mondo”. Assolutamente impossibile. A meno che i salari non scendano alla media mondiale di 30 euro con, al massimo, 10 euro di contributi, francamente ci pare non praticabile. Intanto nelle fabbriche, ad esempio italiane, si muore, come a Torino, dilaniati dal fuoco dopo 12 ore di lavoro, ma gli industriali chiedono il ritorno alle sei giornate lavorative, con un sabato senza straordinari da pagare, come in Francia, dove Sarkozy ha eliminato queste spiacevoli complicazioni, applicando la nuova direttiva Bolkenstein che indirizza verso la contrattazione individuale contro quella collettiva, riducendo in un colpo diritti e salari e ripristinando orari di lavoro “concordati” degni dell’Ottocento.

L’inflazione intanto sale, la produzione cala, il prodotto interno lordo non è più un indice credibile, in Italia come in Europa. La Fiat arranca e finge, non ammettendo che è la succursale europea di una casa automobilistica indiana, la Tata Motors, i cui utili sovrastano di gran lunga quelli della fabbrica degli Agnelli. La scuola, italiana ed europea, versa in acque limacciose, incongrue, defatiganti, disperate. Ma i telegiornali ci spiegano che almeno in Italia il problema sarebbe la grave colpa degli insegnanti che invece di insegnare la competitività insegnano la solidarietà. Proprio un nuovo progetto solidale sarebbe invece il solo che potrebbe attenuare la violenza del collasso. Violenza che intanto porta disperati e disperati occultamente organizzati a sfogarsi intorno agli stadi e contro gli stranieri. Già, verso questi cittadini che svolgono quei lavori che noi rifiutiamo, pagano le tasse e i cui figli vengono rifiutati dalle scuole materne di Milano. Lo spauracchio è quello della criminalità, la quale certo va sempre combattuta, ma solo il 5% degli stranieri svolge attività criminale, gli altri 95% no, ma a certa stampa piace trovare il nemico nella porta accanto, purché non italiano. Così cresce la demonizzazione del tema della sicurezza, calano rapine, furti e violenze, i telegiornali diventano la succursale di cronaca nera dei peggio giornalacci.

La verità che nessuno dice è che se un anziano subisce una rapina è un dramma perché non ha più nulla in banca, mentre venti anni fa qualche risparmio lo aveva. Quindi il problema non è quello della “percezione” del problema, come altri giornaloni tanto considerati raccontano, ma della realtà. Perdere oggi la pensione rapinata fuori dalla posta significa trovarsi nella miseria di non saper cosa mangiare sino alla fine del mese. È quindi un problema sociale, non di sicurezza, ma poco importa, l’importante è moltiplicare le espulsioni, anche se i reati li compiono in stragrande maggioranza gli italiani, solo tenendo gli stranieri nel terrore infatti i datori di lavoro potranno continuare a ricattarli, sfruttarli e pagarli pochissimo e male, in fondo – questo sì - è il solo modo per restare competitivi. L’Europa che dovrebbe difendere i diritti umani diventa così la promotrice di una nuova forma di schiavismo, mascherato, ma presente dietro casa, che si somma allo sfruttamento intensivo, ma sempre meno praticabile, della manodopera in giro per il mondo. A questi mali italiani ed europei, la penisola aggiunge un tessuto industriale composto dalla piccola imprenditoria, sempre più impossibilitata a reggere il confronto sulla produzione di manufatti che altrove si producono a prezzi dieci volte più bassi, siano le mutande in Romania e i caschi per motocicletta in Cina. In Italia la ricerca e la produzione industriale avanzata e di alta tecnologia è insignificante, quindi quel qualcosa in più che l’Occidente in qualche modo ancora ha, ovvero intelligenze, ricerca, in Italia non esiste. Si legga Luciano Gallino per capire quanto l’Italia non produce nulla che possa essere considerato valore aggiunto.

Il declino dell’Italia è comunque solo più accentuato rispetto al resto dell’Occidente, la retorica assolutamente falsa dei politici europei relativamente alle loro presunte crescite economiche è ridicola. Inutile cercare strade per uscirne, la traiettoria è incorreggibile, eppure una possibilità l’Europa ce l’ha: ammettere il dato irreversibile del declino e sviluppare politiche sociali redistributive che contengano i guasti sociali e la disperazione che sono dietro l’angolo. Diminuire, contenere e impedire per quanto possibile tutte le operazioni speculative, rivedere la sproporzione tra salari di lavoratori e salari di dirigenti (oggi in proporzione 400 a 1, trenta anni fa 25 a 1) a partire dal settore pubblico, ma con un sistema fiscale serio che metta ordine anche nel settore privato. Promuovere una nuova politica internazionale basata sulla cooperazione e non sulle operazioni costose, inutili e del tutto fallimentari di esportazione della “democrazia”, che oramai in ogni angolo del pianeta sono ragionevolmente comprese anche da bambini e analfabeti come operazioni di tutela dei nostri interessi occidentali contro quelli degli altri. Qualcuno si agiterà di fronte a queste proposte – essenzialmente scandinave e socialdemocratiche – eppure l’alternativa è la barbarie e la rabbia sociale, pronta a manifestarsi nelle forme più inaspettate, deleterie, distruttive. Cavalcare il “tanto peggio tanto meglio” è da sempre sbagliato, assurdo e fallimentare, negare l’evidenza della realtà italiana, europea e planetaria è idiota. Meglio sarebbe agire con coerenza e intelligenza. Ma purtroppo all’orizzonte si vedono solo – nere, nitidissime e inconfondibili - nubi.

venerdì 8 febbraio 2008

No ad un accordo politico PD-sinistra

Selezione di agenzie. Grassetto mio.

SINISTRA:GIORDANO,ANDREMO CON UNICO SIMBOLO,SFIDA LEALE A PD


(ANSA) - ROMA, 8 FEB - La Sinistra andra' con un unico simbolo e un'unica lista alle politiche dopo che stamattina l'incontro con il segretario del Pd Walter Veltroni ha sancito la fine di ogni possibile alleanza. ''Martedi' presenteremo il simbolo - spiega il leader di Rifondazione Franco Giordano - e la sfida tra noi e il Pd e a chi rappresenta meglio 'alternativa alle destre''.
''E' aperta la sfida - sostiene Giordano - e noi abbiamo un candidato premier di peso, Fausto Bertinotti. Da oggi e' chiaro che nel paese c'e' un centro, una destra e una sinistra''.
Quanto alla creazione di una lista Fi-An, Giordano evidenzia che ''c'e' una positiva semplificazione e questo impegna ancora di piu' noi tutti a costruire a sinistra un soggetto unitario''.(ANSA).

PD:FRANCESCHINI,SINISTRA?NO DIVORZIO SEPARAZIONE CONSENSUALE

(ANSA) - ROMA, 8 FEB - ''Non e' stato un divorzio ma una separazione consensuale. Noi siamo convinti che cosi' come sono le coalizioni di centrodestra e centrosinistra non funzionano.
La nostra prospettiva e' per un cambiamento nel paese''. Lo afferma il vice segretario del Pd Dario Franceschini, commentando l'incontro con i leader della Sinistra Arcobaleno in cui i due soggetti politici hanno deciso ufficialmente di correre separatamente alle elezioni. (ANSA).

PD: FRANCESCHINI, PIU' LIBERI, PARLIAMO ANCHE A ELETTORI CDL

(ANSA) - ROMA, 8 FEB - ''Noi ora iniziamo una campagna elettorale piu' libera nei contenuti senza piu' mediazioni e compromessi. Avremo un programma con poche cose chiare e
parliamo agli elettori del centrodestra, stanchi di una politica frammentata e litigiosa''. Dopo la ''separazione consensuale'' con la sinistra radicale, il vicesegretario del Pd Dario Franceschini ribadisce la linea del Pd. ''Noi parliamo - sostiene Franceschini - a tutti quegli italiani che sentono la necessita' di un cambiamento per l'Italia''.(ANSA).

giovedì 7 febbraio 2008

Chiamparino vuole la grande coalizione.

Apc-ELEZIONI/ CHIAMPARINO: PD SIA DISPONIBILE A LARGHE INTESE CON FI
"Antipolitica si batte solo con politica del fare"

Roma, 7 feb. (Apcom) - "In campagna elettorale il Pd deve dimostrare che è disponibile alle intese e a una fase di convergenze, le più ampie e le più coese possibili, per ricostruire l'Italia. Anche con Forza Italia e con Silvio Berlusconi...". Lo afferma il sindaco di Torino Sergio
Chiamparino in un colloquio con l'Espresso nel quale spiega che dopo le elezioni Veltroni deve proporre un governo di ricostruzione con Forza Italia.

"L'elettorato non si divide più tra destra e sinistra, ma tra l'antipolitica e la politica del fare - spiega Chiamparino -. I cittadini chiedono ai politici di mettersi insieme e di fare qualcosa di buono. Se il Pd sarà in sintonia con questa domanda, potrà cambiare il segno alla campagna elettorale". E sulle candidature del Pd il sindaco di Torino chiede il rinnovamento delle liste, "un nuovo album fotografico", e la consultazione degli iscritti. La scelta del Pd di Veltroni di correre da solo "è un passaggio necessario e indispensabile per marcare la discontinuità con il passato e per segnalare l'esistenza di un nuovo soggetto politico. Il vero elemento che ha affondato il
centrosinistra nella legislatura è stato l'eccessiva latitudine della coalizione. Quante volte il presidente del Consiglio in questo anno e mezzo è stato costretto a intervenire per ripetere
ovvietà, tipo che chi faceva parte del governo non doveva andare a manifestare contro il governo? Ora dobbiamo mettere su coalizioni omogenee e programmi chiari. Senza torte in faccia con chi non ci sta, per carità. Ma è un passaggio essenziale, che va abbinato a un ragionevole rinnovamento dell'album fotografico con cui ci presentiamo".

Quanto al rinnovamento Chiamparino osserva che "per ora il Pd è la pura trasposizione dei gruppi che c'erano prima ma le elezioni possono trasformarsi nell'occasione per rimescolare le carte. Sul piano dei contenuti, per esempio. Sulla politica estera, cosa diciamo? E sulle questioni etiche: siamo per la laicità non solo delle istituzioni ma anche della politica, o no? Se queste
discussioni verranno fatte sul serio i confini non potranno rimanere gli stessi di quando c'erano Ds e Margherita. E poi c'è il metodo di scelta degli eletti: con le liste bloccate non si può andare al voto senza una qualche forma di consultazione della base". Primarie per tutti i candidati? "Non sono un demagogo - conclude Chiamparino -: è giusto che i gruppi dirigenti nazionali possano candidare alcuni nomi che ritengono importanti per il partito, per esempio un tecnico che
magari è poco radicato sul territorio. Ma su tutti gli altri la consultazione tra gli iscritti è indispensabile: anche questo può contribuire a rimescolare le carte all'interno".

mercoledì 6 febbraio 2008

Veltroni. Un po' di chiarezza.

Veltroni alla sinistra: "Auguri ma siamo diversi"

"Alla sinistra auguro tutto il bene possibile - dice il segretario in una conferenza stampa alla fine dell'incontro con i delegati regionali del Pd - continueremo a collaborare a livello locale ma a livello nazionale, su temi come la sicurezza e le missioni all'estero, le nostre posizioni sono obbiettivamente diverse. Su questi ed altri temi il pd avrà una posizione chiara ed univoca".

Berlusconi, primo discorso della campagna elettorale.

martedì 5 febbraio 2008

Giordano. Elezioni e simbolo.

Apc-ARCOBALENO/ GIORDANO: PRC E' PER UNICA LISTA E UNICO SIMBOLO
Se ne parla a vertice sinistre. Bertinotti? Se lo vogliono tutti

Roma, 5 feb. (Apcom) - "Noi siamo per presentare una unica lista con un unico simbolo, questa è la vocazione di Rifondazione": lo dice il segretario del Prc Franco Giordano, in una conferenza
stampa a Montecitorio.

La questione dei simboli sarà discussa oggi pomeriggio nel vertice della Sinistra arcobaleno in programma alle 17 alla Camera, "e lì andremo con questa posizione", assicura il leader
del Prc, dopo che nei giorni scorsi erano emersi all'interno di Rifondazione orientamenti diversi, che puntavano invece a inserire nella scheda elettorale anche i simboli di partito sotto
l'arcobaleno, "il segno grafico unitario che abbiamo scelto - ricorda Giordano - per gli Stati generali di dicembre".

Rifondazione punta ora a spingere per un'accelerazione della costruzione del 'soggetto unitario a sinistra', anche attraverso un "tesseramento aperto, oltre che alle organizzazioni esistenti,
a chiunque si senta protagonista della sua costruzione". A una domanda sul rinnovamento delle liste dei candidati, Giordano risponde: "Rifondazione ha già rinnovato due anni fa, con
l'apertura alle personalità della Sinistra europea: non torneremo indietro rispetto a quel percorso".

Quanto alla discussione sul candidato premier, nel caso in cui la sinistra vada da sola alle elezioni, "c'è una disponibilità di Bertinotti, candidato per noi ideale, ma lui stesso - sottolinea Giordano - ha detto che ci deve essere una convergenza unitaria delle forze politiche che sostengono l'Arcobaleno". Il segretario di Rifondazione lascia intendere invece di considerare remota
invece l'ipotesi di un recupero di un'alleanza politica organica di centrosinistra: "Ci vorrebbe un confronto programmatico molto stringente, chiarezza sui temi sociali e sui diritti civili. Ci
vorrebbero vincoli politici e vincoli sul merito delle questioni...".


SINISTRA: GIORDANO, UNICO SIMBOLO, SENZA FALCE E MARTELLO
BERTINOTTI CANDIDATO PREMIER? E' IL MIGLIORE POSSIBILE
(ANSA) - ROMA, 5 FEB - Unico simbolo per la sinistra e senza la falce ed il martello: il segretario di Rifondazione, Franco Giordano, spiega la posizione di Prc in vista dell'incontro oggi pomeriggio con gli altri aderenti alla 'cosa rossa'. Giordano ribadisce poi l'appoggio all'ipotesi che Fausto Bertinotti si presenti come candidato premier per il nuovo soggetto: ''e' la migliore candidatura possibile''. Ma - ricorda Giordano - ''lo stesso Bertinotti chiede che ci sia la disponibilita' da parte
di tutte le forze politiche''. Cioe': la scelta ci sara' dopo un confronto.
''Ci presenteremo - spiega a margine della presentazione dell'assemblea dei lavoratori a Torino - con un'unica lista ed un unico simbolo''. E il simbolo dovrebbe essere ''il segno grafico presentato all'Assemblea generale'', senza falce e martello. L'incontro servira' cosi' a ''definire un programma e confrontarci in maniera partecipata per presentare una identita' culturale di una sinistra nuova''. Giordano promuove poi l'iniziativa di lanciare un tesseramento 'dal basso' e che inizi prima della nascita del nuovo soggetto politico: ''E' giusto lanciare un pretesseramento che tenga conto pero' che ci sono soggetti politici organizzati e che apra a chiunque si senta protagonista del nuovo progetto''.
Infine i soldi dell'extragettito. Giordano ritiene che, indipendentemente dalla crisi, ''e' obbligatorio applicare la legge finanziaria e in particolare il comma 4 dell'articolo 1'' che dice appunto che in presenza di extragettito anche quest'anno questo dovra' essere indirizzato al lavoro dipendente.(ANSA).

Rutelli e la grande coalizione

Leggete con che gente abbiamo governato. Grassetto mio.

EXPO 2015: RUTELLI, QUI C'E' GIA' LA GRANDE COALIZIONE =
(AGI) - Milano, 5 feb. - Per il sostegno alla candidatura di Milano per l'Expo 2015 "qui c'e' gia' la grande coalizione". Lo ha detto il vicepresidente del Consiglio, Francesco Rutelli, intervenendo alle conclusioni del forum per l'Expo 2015 che si sta svolgendo a Milano. Rutelli rivolgendosi ai delegati del Bie ha detto: "Voi vi chiederete che ne sara' dei cambiamenti politici, visto che le coalizioni in Italia sono vicine per pochi voti. Noi non sappiamo chi sara' al Governo nel 2015, ma centrodestra e centrosinistra sono uniti sulla candidatura di Milano. Si parla tanto, in Italia, di grandi coalizioni, ma una grande coalizione e' gia' presente qui e funziona bene". (AGI)

lunedì 4 febbraio 2008

Niki Vendola e il papa

Grazie Niki di averci regalato delle speranze almeno in campagna elettorale...

PAPA/ VENDOLA: VISITA PONTEFICE IN PUGLIA E' EVENTO ENORME
In programma il 14 e 15 giugno a Santa Maria di Leuca e Brindisi

Roma, 4 feb. (Apcom) - "La prossima visita del Santo Padre inPuglia è un evento dal significato civile enorme, per il quale lapolitica deve necessariamente dimenticare le proprie polemiche e
fare un passo indietro. Il Papa arriverà in un territorio in fasedi riscatto civile e sociale, e quindi la sua venuta è un'occasione per tutta la Puglia. Tutti dobbiamo essere pronti ad accoglierlo per come egli merita come massimo rappresentante della Cristianità universale". Lo ha detto il Presidente dellaRegione Puglia Nichi Vendola durante l'incontro avuto questa mattina con una delegazione di autorità religiose e civili per definire il programma congiunto di interventi da realizzare in occasione della visita di Papa Benedetto XVI a Santa Maria di Leuca e Brindisi i prossimi 14 e 15 Giugno.

All'incontro hanno partecipato l'Arcivescovo di Brindisi e Ostuni Mons. Rocco Talucci, il Vescovo di Ugento e Santa Maria di Leuca Mons. Vito De Grisantis, il Presidente della Provincia di
Brindisi Michele Errico, il Sindaco di Brindisi Domenico Mennitti, il Sindaco di Castrignano del Capo Antonio Ferraro e per la Provincia di Lecce l'Assessore al Patrimonio Antonio
Musio. Per la Regione Puglia oltre al Presidente Vendola hanno partecipato il Vice Presidente Sandro Frisullo e l'Assessore al Bilancio e alle Finanze Francesco Saponaro.

Nella riunione è stato deciso di istituire un tavolo tecnico di coordinamento tra i vari Enti per la definizione e la ripartizione dei fondi speciali necessari all'organizzazione dell'evento e agli interventi di carattere infrastrutturale. Come rappresentante della Presidenza della Regione Puglia Vendola ha nominato il dott. Giulio Lovino, responsabile all'interno della sua segreteria particolare per i rapporti con gli Enti Locali.

Vendola inoltre ha comunicato di aver inviato formalmente al Capo Dipartimento della Protezione Civile e alla Presidenza del Consiglio dei Ministri la richiesta di attribuzione di "evento
speciale" sia per la visita del Papa nel Salento sia per l'altro grande appuntamento religioso del 2008, ovvero la prevista esposizione delle spoglie di San Pio a San Giovanni Rotondo in
calendario la prossima primavera.

venerdì 1 febbraio 2008

Il dettato di Washington

Nel verbale segreto istruzioni Usa all'Ue

di Franco Juri

su Il Manifesto del 30/01/2008

Kosovo

Scoppia a Lubiana un incredibile caso di vassallaggio europeo nei confronti di Washington. Lo rivela il quotidiano Dnevnik di Lubiana pubblicando nei dettagli il contenuto di un verbale «segreto» su cui in parlamento è stata già inoltrata dall'opposizione un'interrogazione parlamentare. Il verbale dimostra un coordinamento diretto tra Washington e Lubiana sul futuro immediato del Kosovo e sui passi da intraprendere per garantirne l'indipendenza, con una presenza europea e la legittimazione delle Nazioni unite proprio durante la presidenza slovena. A impartire le istruzioni sul Kosovo a un alto diplomatico sloveno, Mitja Drobnic, accompagnato dall'ambasciatore Samuel Zbogar, ricevuto al Dipartimento di stato il 24 dicembre scorso, è stato Daniel Fried, aiutante di Condoleezza Rice. Istruzioni dettagliate: i come, dove e quando dell'indipendenza del Kosovo, del suo riconoscimento e dell'arrivo della missione internazionale civile (Ico), «invitata» dal parlamento kosovaro subito dopo la dichiarazione di indipendenza secondo un timing prestabilito e concordato con Washington. La vice di Fried, Rosemary DiCarlo, arriva persino a rivelare che al parlamento kosovaro hanno consigliato di dichiarare l'indipendenza di domenica, in modo che la Russia non abbia il tempo di convocare il Consiglio di sicurezza. Il verbale è la prova inconfutabile di una preparazione meticolosa, pianificata a tavolino dagli Usa e delegata alla Slovenia e ai paesi europei, pronti a un rapido riconoscimento di Pristina già alla fine dello scorso anno. Ci sono alcuni paesi Ue (forse sei) che non sono disposti a riconoscere subito un Kosovo indipendente? Per Washington non è un problema: ne bastano quindici dei ventisette e andrà benissimo. Fried consiglia all'ospite di Lubiana che la Slovenia sia - come presidente di turno dell'Ue - il primo paese europeo a riconoscere Pristina.
Lo scandalo prende di soprpresa il ministro degli esteri sloveno Dimitrij Rupel, che non controlla il colabrodo del suo ministero e per ora non commenta. Il premier Jansa non nega l'autenticità del documento ma nega che ciò significhi pressioni americane sulla Slovenia. Dal ministero degli esteri arriva però una nota di palese imbarazzo e l'ambasciatore Zbogar viene immediatamente convocato in patria. I desideri americani non finiscono con il Kosovo: c'è, nelle istruzioni per l'uso dell'Ue, anche la data del vertice Ue-Usa da fare in giugno. Niente di tanto strano, se non fosse per le richieste che l'amministrazione Bush si aspetta siano esaudite durante la presidenza «amica» di Lubiana: salta fuori una lista di «paesi canaglia» che l'Ue dovrebbe condannare decisamente nell'occasione del vertice, come Iran, Siria, Filippine e i «soliti» Cuba e il Venezuela. Nella dichiarazione «suggerita» all'Ue dagli americani ci dovrebbe essere inoltre un'esplicita presa di posizione a loro favore sull'Iraq e la guerra al terrorismo.