mercoledì 30 luglio 2008

Vendola su esito congresso

Caro Vendola, sono veramente contento che hai perso il congresso...


Fonte: Manifesto



MANIFESTO
RIFONDAZIONE
«Una bellissima sconfitta, lavoreremo per la sinistra»
Dopo il congresso, Vendola guarda alle elezioni locali e alle europee. «Il partito è irriconscibile. Ma non lavoreremo a far cadere Ferrero, rilanceremo il nostro progetto politico» lavoreremo per la sinistra» Di scissione non si parla. Perché «dobbiamo salvare il partito»
Micaela Bongi

Sconfitto al congresso del Prc da una maggioranza costruita con tre mozioni intorno alla candidatura del nuovo segretario Paolo Ferrero, annunciando il ritiro dalla corsa per la segreteria domenica Nichi Vendola era stato definitivo: «Considero questo congresso come la fine della storia di Rifondazione come l'ho conosciuta in 38 anni di militanza». Chiuse le assise, il presidente della Puglia non cambia idea.
Hai detto che non esiste più il Prc di prima. Ora ce ne sono due?
Intanto è molto importante rendere comprensibile questa mutazione genetica. La fine di quella vicenda che ha avuto nella fase della coabitazione tra Cossutta e Bertinotti una sua rappresentazione particolarmente simbolica. La convivenza di culture diverse che convergevano su un punto fondamentale: Rifondazione intesa come la ricostruzione di un partito di massa, fuori da qualunque tentazione minoritaria. Rifondazione come soggetto capace di connettere pratica sociale e iniziativa politica. Rifondazione come cantiere dell'innovazione. Non solo un partito, ma una traccia di lavoro. Rottura con lo stalinismo e assunzione della nonviolenza come nuova grammatica dell'agire politico. Questa storia è stata Rifondazione. Oggi Fausto Bertinotti, io o Franco Giordano siamo all'opposizione; al governo del partito c'è Falce e Martello. Si muovono verso una linea politica che oggettivamente è l'unità dei comunisti, la regressione identitaria è palese.
Tu sei andato oltre. Hai accusato chi ha vinto il congresso di giustizialismo e plebeismo.
Nel corso degli interventi ho sentito espressioni paradossali benché emblematiche, si è parlato di costruire il nuovo Cln con Di Pietro. Come se esistesse una domanda di legalità sganciata dalla questione sociale. L'antipolitica non è una sacrosanta manifestazione indignata. L'epicità di una piazza scandalizzata è quello che sta in superficie. Antipolitica è diffondere una cultura del potere mistificante. Noi rubavamo a Pasolini la metafora del Palazzo. Ma lì non c'erano solo i ministri, anche altri poteri, i petrolieri.... Oggi si identifica il potere con la Casta. Al congresso ho sentito anche un'analisi della sconfitta disarmante, teorizzare che non è tanto la destra che ha vinto ma è la sinistra che ha perso per me è sconvolgente. La destra si è insediata dentro ogni interstizio della società, dentro ogni transistor del sistema delle comunicazioni, nella produzione di simboli, di immaginario.
Dunque le polemiche sul giustizialismo non riguardavano solo la presenza di Ferrero a piazza Navona con Di Pietro? Lui ha risposto che in quella stessa piazza c'erano Claudio Fava e Fabio Mussi, di Sd, e i Verdi, con cui volevate fare la costituente di sinistra.
Mussi e Fava sono stati lo spauracchio del congresso, non puoi recuperarli in corner perché ti sono utili. Io non parlo di piazza Navona, ma della nostra cultura. Del fatto che siamo stati accusati di violazioni al sud come se quello fosse il nostro costume per fare la battaglia congressuale, senza alcun garantismo. E poi sono state proposte analisi minimaliste e ricette massimaliste, come se bastasse la vecchia formuletta «in basso a sinistra». Una riedizione un po' volontaristica dell'autonomia del sociale. Non c'è un sociale immacolato, c'è un sociale complicato. Non è che siccome siamo stati inefficaci quando eravamo nelle istituzioni ora, duri e puri e capaci di presenza, riusciremo a riguadagnare l'operaio della Fiom che ha votato Lega. C'è una tale livello di astrattezza... Tutto un dover essere, una deontologia dei piccoli gruppi che rimuove il tema del mondo dei lavori per come essi si sono plasmati. Parliamo di una precarietà che non ascoltiamo. Come si può pensare che la riduzione alla sloganistica possa consentirci di intercettare un mondo giovanile capace di esprimere domande di cambiamento... E se nel mio congresso si dice che non è importante che un leader sappia usare i congiuntivi? La storia dei comunisti è stata storia di impegno per l'alfabetizzazione contro qualunque rappresentazione della classe come una plebe. E poi la questione del mezzogiorno. Certo, una contesa così aspra come quella del congresso porta all'esposizione delle proprie viscere. Ma qui nell'immaginario del partito del nord si è radicato un pregiudizio sul partito del sud. Si è costruito un preconcetto molto brutto. L'insieme delle cose che ho descritto è esplicativo di come sia potuto accadere che si sia formata una maggioranza eterogenea, raccogliticcia e improbabile tra ex Dp, Ernesto, Falce e Martello.
Collante di quella maggioranza non è stata la volontà di chiudere con la passata gestione del partito?
A dirigere il partito c'era Ferrero, c'era Russo Spena, non c'ero io. Io ero nella trincea pugliese.
Non pensi che anche il tuo chiamarti fuori dalle responsabilità, tra l'altro essendo il «delfino» di Bertinotti, ti abbia danneggiato?
Al congresso ho sentito anche che il più grande dissenso da Bertinotti l'ho esercitato io, all'epoca del governo Dini. Ho praticato autonomia di pensiero e anche il diritto a sbagliare. Diciamo che mi è stata rimproverata una tendenza al leaderismo per una proposta di candidatura esplicita votata da 21.000 iscritti a fronte di una candidatura «in sonno», quella di Ferrero. La mia candidatura è stata rappresentata come proposta di scioglimento del partito, una falsificazione. Questo elemento fa parte del degrado della vita interna. E' indicativo di come il Prc sia parte del problema che si chiama «crisi della sinistra»: il dileggio, la pulsione belluina nella contesa denigratoria, la perdita dei vincoli solidaristici. Tutto questo è entrato nel Prc. Sono stati commessi danni molto gravi, è stato inquinato tutto il campo.
A proposito di leaderismo, non hai pagato anche il fatto di essere stato l'uomo delle primarie e il «governatore» della Puglia?
Bisognerebbe avere un atteggiamento laico. Le primarie in Puglia sono state un fatto dirompente, di partecipazione, di innovazione, non è che hanno portato all'emersione del fenomeno televisivo Nichi Vendola, dietro c'erano anni di battaglia nel territorio.
Ma non è detto che quel sistema sia stato digerito da tutto il partito.
La capacità di presa di parola nel partito è stata limitata con la limitazione del tesseramento, considerato come una minaccia o frutto di possibile falsificazione e non come una domanda. Io credo che fosse corretto rendere esplicite le candidature. Abbiamo semmai assistito a un episodio di leaderismo costruito sul primato della tattica. La non candidatura di Paolo pesava come la mia candidatura. E in quella non candidatura c'era la libertà dell'aggressione personalizzata. Poco male. Ma dover ascoltare anche la mitologia per cui Ferrero era diventato l'interprete della base quando era stato ministro del governo Prodi...
Ha detto di aver sbagliato.
Una parte di quelli che hanno sbagliato deve essere processata e un'altra promossa?
E ora, come si qualificherà nell'azione politica dei prossimi mesi la differenza tra queste due parti?
La nostra area resterà nel Prc, e sarà protagonista concretamente nei territori della ricostruzione della sinistra. Non lavoreremo perché inciampi la segreteria di Ferrero, lavoreremo per preservare una prospettiva che quella segreteria non garantisce. I nodi verranno presto al pettine, ci sono le amministrative - e già nella nuova maggioranza si discute sulla permanenza nelle giunte - e le europee, già vedo una bella rimpatriata comunista e anticapitalista. Ci possono essere conseguenze sul piano europeo e nazionale, io lavoro per evitare queste conseguenze.
Intanto la tua area, Rifondazione per la sinistra, continuerà a dialogare con Sd e i verdi?
La mia area nasce con questo Dna, va verso la riaggregazione a sinistra.
Fino a quando sarà possibile evitare la scissione? Alle europee come arriverete?
La scissione è stata un'altra invenzione propagandistica. Ho subito una bellissima sconfitta che mi consegna una grande forza maturata nella durezza di questo scontro. E mi sento di poter agire dentro questo spazio che è Rifondazione nella prospettiva che venga sconfitta sul campo la tendenza al minoritarismo senza politica. Ho sempre detto che il Prc è il luogo del mio senso e del mio dissenso. Qui resto, anche per responsabilità. Oggi ci sono una piattaforma e un gruppo dirigente col fiato corto. Non c'è risentimento, ma la necessità di essere impegnati a salvare il partito, un pezzo indispensabile per il futuro della sinistra.
E il rapporto col Pd, che nello scontro feroce è sembrato il principale oggetto del contendere?
Per una maggioranza di questo partito che ogni tre parole dice «comunista» bisognerebbe ricordare i classici. La necessità di alleanze con i borghesi di pagine marxiane e quel richiamo metodologico di Togliatti all'analisi differenziata. Noi quando facciamo politica non siamo dentro a una chiesa, né valdese né cattolica, siamo in un luogo nel quale le cose attorno a noi si muovono. Il Pd significa o esorcismo o ingresso in prigione? Mai col Pd o prigionieri del Pd? Autonomia non è autismo, un di meno di interlocuzione. Bisogna aprire un terreno di sfida, una contesa delle idee, fare l'analisi di come va quel progetto, di come si argina la deriva moderata.
Nel Pd, il vostro congresso lo ha vinto Veltroni e perso D'Alema?
Alla fine il «mai con la sinistra radicale» si sposa bene col «mai con il Pd». Vince chi non fa politica, l'autoconsolazione rispetto a una tempesta che ci sta radendo al suolo.
Non sarebbe stato meglio un congresso per tesi?
Non si può cominciare una discussione con un atto violento e fraudolento come quello che si è consumato nel primo comitato politico nazionale dopo le elezioni. Non si può intervenire violentemente sul gruppo dirigente, caricarne un pezzo di qualunque colpa, fare una drammatica conta interna all'indomani di una brutale conta esterna. Quel Cpn ha segnato profondamente le nostre vicende portando a questo esito sciagurato. La defenestrazione di Franco Giordano e quella simbolica di Bertinotti sono l'atto costitutivo del nuovo gruppo dirigente. Per quanto mi riguarda non sono pentito, non tornerei indietro.

D'alema su congresso PRC

(corsivo mio)

==D'ALEMA: LA SINISTRA ERA ORIGINALE, ORA E' TORNATA NORMALE


(ANSA) - ROMA, 30 LUG - ''Speravo che si potesse arrivare a una coalizione di forze diverse, in grado di costruire una sinistra di tipo rosso-verde. La sensazione e' che invece ci sia un arroccamento che ricorda piu' certi gruppi della sinistra extraparlamentare di una volta, di matrice un po' stalinista''. Lo afferma Massimo D'Alema, esponente del Pd, al termine del congresso del Prc, in un'intervista su 'Liberazione'. Di Paolo Ferrero, nuova guida del Prc, D'Alema pensa che sia ''una persona assolutamente ragionevole. Non dico certo che lui sia un estremista. L'ho conosciuto bene durante l'esperienza di governo: qualche volta avrebbe potuto essere piu' combattivo''.
''Si e' chiusa l'era di Bertinotti. Bertinotti immaginava una forza di sinistra critica, che pero' non rinunciasse a misurarsi col tema del governo e della trasformazione''.
Sulle elezioni fallimentari del Prc l'ex ministro degli esteri ha una sua spiegazione: ''io credo che la sconfitta della sinistra radicale sia dovuta fondamentalmente al modo nel quale ha vissuto l'esperienza di governo. Il rapporto tra sinistra e Pd si e' consumato nell'esperienza di governo. La difficolta' di tenuta da parte del Prc e' stata evidentissima. E io credo - conclude D'Alema - che siano state evidentissime anche le rincorse estremiste tra Rifondazione e Diliberto, sia sulla
politica estera che sulle questioni sociali''. (ANSA)

lunedì 28 luglio 2008

Commenti congresso PRC

DA LEGGERE
http://www.appelloprc.org/Corsera.pdf
http://www.appelloprc.org/Unit%C3%A0.pdf

Commenti dal PD su congresso PRC

Apc-Prc/Latorre:ha vinto un rassemblement di un'altra epoca (Corsera)
Ora spetta al Pd allargare il suo raggio d'azione

Roma, 28 lug. (Apcom) - All'indomani della conclusione del
congresso di Rifondazione Nicola Latorre, vicecapogruppo del Pd
al Senato, ne commenta l'esito in un'intervista al Corriere della
Sera: "Avevamo ragione a dire che le due piattaforme congressuali
erano radicalmente alternative: una, quella di Vendola,
interpretava l'idea di un soggetto politico profondamente
innovativo nella forma, e orientato a portare in un'esperienza di
governo le istanze di una sinistra radicale. L'altra piattaforma
invece mette insieme di tutto, dalle case del popolo ai
trotzkisti, si espone a rischi, è un rassemblement di un'altra
epoca, tutto identitario, che si rifugia in accampamenti ormai
vuoti, vecchissimi, in cui non si danno risposte alla crisi
aperta dal voto di aprile e in cui si ripetono parole che non
significano più nulla".

"Certamente adesso - conclude Latorre - il Pd ha ancora più di
prima la responsabilità di mettere in risalto il carattere
riformista della nuova sinistra che rappresentiamo, e che deve
allargare il suo raggio d'azione. Perché è indubbio, c'è un'area
sempre più vasta dal punto di vista sociale che reclamerà la
rappresentanza sociale del Pd".

PRC: SORO, HA VINTO CHI RINUNCIA A GOVERNARE CRESCE LA DISTANZA DA PD =

Roma, 28 lug. (Adnkronos) - ''Vince la sinistra a vocazione
minoritaria, che rinuncia a governare le sfide del nostro tempo e si
limita a coltivare una nicchia autoreferenziale''. Antonello Soro,
intervistato da 'La Repubblica', spiega che con la vittoria di Paolo
Ferrero al congresso ''si amplia la distanza tra noi e il Prc''.

Secondo il capogruppo Pd alla Camera ''e' la prova che quello
che abbiamo fatto era indispensabile, che non era possibile mantenere
in vita il centrosinistra nella forma originaria''. Piu' facile adesso
scegliere l'alleanza con l'Udc? ''Con Casini -spiega Soro- dialoghiamo
perche' stiamo entrambi all'opposizione. Il tempo delle alleanze
verra' piu' avanti e le decideremo sulla base dei programmi. Per ora
constatiamo che Ferrero coltiva la vocazione minoritaria''.

Esito del congresso PRC

Ferrero nuovo leader di Rifondazione Comunista. Ma il partito è spaccato
Paolo Ferrero

Paolo Ferrero e' il nuovo segretario di Rifondazione Comunista e Nichi Vendola e' il leader della minoranza. Sulle note di Bella Ciao, l'Internazionale e Bandiera Rossa cantate dai delegati, il VII congresso si e' concluso come in pochi si aspettavano alla vigilia. A guidare un partito ai minimi storici dopo la batosta elettorale e la scomparsa dalle Aule parlamentari non sara' il governatore della Puglia, in pole per una leadership 'benedetta' anche da Fausto Bertinotti, ma l'ex alleato di maggioranza che ha saputo trovare un'intesa con tutte le correnti del partito riuscendo ad ottenere 142 voti di maggioranza.

Fallito ogni tentativo di trovare un accordo, Rifondazione e' andata alla conta, prima per la votazione dei due documenti politici, quello che raccoglieva le minoranze intorno all'ex ministro e il documento presentato dai Vendoliani e poi nella scelta del segretario. Ed il risultato consegna una maggioranza dal volto multiforme: Nella segreteria del partito che sara' eletta nel primo Comitato politico di settembre siederanno compagni dalle storie diverse. Per la prima volta ci saranno i trotzkisti di Claudio Bellotti mentre fara' ritorno Claudio Grassi, leader della corrente di Essere Comunisti che negli anni passati ha ricoperto l'incarico di tesoriere. Insieme a loro ci saranno poi i rappresentanti dell'Ernesto, la minoranza di Fosco Giannini. La 'rabbia' dei 'vendoliani' era difficile da nascondere, anzi, il ragionamento che si faceva a caldo era che l'accordo tra Ferrero e le altre mozioni era chiuso da mesi.

Sepolta l'ipotesi di una costituente di sinistra con il cambio di casacca della maggioranza interna, la nuova Rifondazione di Ferrero ripartira' "dal basso" costruendo "un'opposizione sociale al governo Berlusconi". Nessuna ipotesi di superamento del partito o scioglimento in altri soggetti della sinistra, anzi, ripartire il prima possibile con il rilancio del partito che dovra' presentarsi alle Europee con il suo simbolo. Ma soprattutto "autonomia" dal Partito Democratico.

Il neo segretario poi tende la mano alla minoranza guidata da Vendola ribadendo l'intenzione di procedere ad "una gestione unitaria del partito" e facendo intendere di considerare anche i 'vendoliani' parte della segreteria.

Gli sconfitti pero' non sembrano pensarla allo stesso modo. Nichi Vendola rinuncia alla corsa contro l'ex ministro della Soldarieta' Sociale, un passo indietro dalla 'conta' al comitato politico ma non dalla battaglia interna. La scelta di Ferrero e' "un errore" dice il governatore della Puglia che poi se la prende con la neo maggioranza, una plastica "dimostrazione di dove ha lavorato culturalmente il leaderismo" e cioe' "alla ricerca certosina di alleanze utili a disseppellire il leader".

Parole che non piacciono al neo segretario e che indicano subito il clima dentro Rifondazione. Il segretario del Prc bolla come "insulti" alcuni interventi e poi rivendica l'accordo trovato con gli esponenti delle altre mozioni. "A vincere il congresso e' una coalizione - sottolinea - che ha un accordo su una base politica".

A settembre dunque partira' ufficialmente la battaglia dentro il partito. L'ala vendoliana rivendica una maggioranza compatta contro una vittoria "striminzita" come la definisce Gennaro Migliore. La vittoria di Ferrero spariglia anche gli ex alleati dell'Arcobaleno. Se Claudio Fava di Sinistra Democratica parla di "un forte arretramento", il leader del Pdci Oliviero Diliberto si dice convinto che "possa iniziare un percorso comune".

venerdì 11 luglio 2008

confronto tra Grassi e Migliore

Interessante confronto tra l'estrema destra della mozione Vendola (Migliore) e l'estrema sinistra della mozione Ferrero (Grassi).

Ad una prima lettura sembrano divisi su tutto, ma leggendo attentamente si nota che c'è comunanza su tanti punti.

Migliore indegno nella sua celebrazione continua del bertinottismo.
Grassi ambiguo, tentennante, timido e troppo cerchiobottista.

http://www.esserecomunisti.it/index.aspx?m=77&f=get_filearticolo&IDArticolo=24077

giovedì 10 luglio 2008

Rifondazione Comunista è anche ciò.

Rifondazione in Calabria. Così si suicida un partito

di Francesco Paolillo

su Il Manifesto del 10/07/2008

C'è chi giura di aver visto votare gente che, fra il primo ed il secondo piatto, si allontanava da un matrimonio per partecipare al congresso di circolo. Chi, invece, è inorridito vedendo compagni portare alle urne infermi quasi barellati. E chi, poi, ammette di aver riconosciuto giovani di An o Udc partecipare alla scelte delle mozioni. Per molti sono semplici illazioni, per altri la prova provata che a Reggio Calabria Rifondazione va rifondata.
Dunque, l'annullamento del congresso di «Reggio centro» è probabilmente solo la punta di un iceberg. Sono tanti i lati oscuri del congresso di Rifondazione comunista nella città dello Stretto. Abbastanza da frantumare un partito già bloccato da anni di commissariamenti e provato da uno scontro che sta velocemente sbriciolando rapporti, amicizie, sentimenti costruiti in anni di militanza. Quello che sta accadendo nella provincia reggina non è soltanto un duro e serrato confronto sulle mozioni «Vendola» e «Grassi-Ferrero-Mantovani». E' di più. E' una vera e propria guerra fatta d'ingiurie, ricorsi e carte bollate che ha coinvolto fratelli, sorelle, persone che un tempo dividevano tutto e che adesso si gettano addosso infamie, incubi, fantasmi.
L'orlo del precipizio è vicino, almeno quanto il congresso nazionale di Chianciano, e vista la situazione tanto delicata, Nichi Vendola ha deciso di scendere in città per ben due volte nel giro di pochi giorni. Lo ha fatto qualche settima fa per incontrare la base e parlare del proprio progetto, lo farà fra poche ore partecipando alla festa del lavoro della Cgil Reggio-Locri. Sa bene, infatti, che la Calabria sarà una regione determinate per le sorti del partito. Che vada bene a lui o che la spuntino gli altri, rappresenta comunque un ago della bilancia.
Nel contestatissimo congresso di «Reggio centro», annullato senza possibilità di ripeterlo dalla commissione nazionale, Vendola ha vinto con 345 voti contro i 2 dell'altra area. Voti andati in fumo per la gioia di Grassi, Ferrero e Mantovani. Così, il caos è sovrano. Allora si contano tessere, numeri, sottoscrizioni. Si guarda in faccia il compagno senza riconoscerlo, si cercano infiltrati che con i comunisti non c'entrano nulla ma che votano per fare un favore ad un amico. Indisturbati. Così, si militarizzano intere sezioni per far svolgere i congressi in maniera corretta. Si tenta e basta. Visto che la realtà è già difficile e se si mettono pure le beghe di corrente le cose si complicano. Claudio Grassi parla dell'assemblea di «Reggio centro» come un momento dove «l'unica cosa che interessava era votare. Bisognava votare e farlo al più presto».
Presente, racconterà di trecento compagni «novelli» privi di tessera in una sezione che conta 460 iscritti: «Tutti quelli con cui ho parlato nel corso della votazione, anche dirigenti del circolo stesso, mi hanno confermato che non solo non avevano la tessera, ma non avevano nemmeno versato la quota per poterne venire in possesso». Semplice prassi, secondo il segretario provinciale Antonio La Rosa che dalle colonne di Liberazione spiega come, spesso, si voti anche senza tessera perché verrà sottoscritta in seguito. Lui stesso ricorda il giorno in cui votò per la prima volta in un congresso: «Nel mio circolo partecipai e votai senza avere la tessera in tasca e senza aver pagato alcuna quota d'iscrizione». Quelli sì che erano altri tempi, quelli sì che erano attimi in cui ci si poteva fidare l'uno dell'altro. Ed al buon La Rosa non resta che imprecare perché, oggi, «si è definitivamente rotto ogni vincolo di fiducia, ogni sentimento di solidarietà».
Tuttavia, l'evoluzione dei rifondaroli reggini resta un caso da manuale. Al tracollo delle comunali del 2007, infatti, non è coinciso un flop di adesioni. Se nel 2002 il Prc raccolse il 4,1%, perdendo quasi un punto e mezzo alle elezioni del 2007 (2,8%), dai primi mesi del 2008 il partito supera abbondantemente le tremila adesioni. Per essere più precisi, fra il 2006 ed il 2007, anni in cui il governo Prodi deludeva i militanti e gli elettori del partito, a Reggio ben mille persone decidevano di sottoscrivere la tessera di Rifondazione, facendo schizzare i numeri del tesseramento fino ad allora fermi a 2.756. Roba da antidoping.
I vendoliani si indignano nel sentir parlare di «tesseramento gonfiato», mentre i grassiani e ferreriani gridano allo scandalo. Ed altri casi limite spuntano a Seminara, piccolo centro della Piana di Gioia Tauro, dove alle ultime elezioni politiche tutta la Sinistra Arcobaleno ha raccolto 64 voti alla Camera a fronte di 87 iscritti al circolo del Prc. O a Melicuccà, comune dove i 26 tesserati rifondaroli hanno messo insieme 9 voti per il candidato premier Bertinotti. Oppure al circolo «25 Aprile» proprio a Reggio città dove, solo due anni fa, si contavano quasi 30 tesserati che nel 2008 sono diventati 161. Circolo senza segretario né sede. E da queste parti, i più cattivi già parlano di furbetti, «comunisti del quartierino».

Più chiari di così... Vendola hai sentito?

Veltroni a Idv e Prc: "o con me o coi girotondi" (Fonte: Rainews24)
Iln leader del Pd, Walter Veltroni
Iln leader del Pd, Walter Veltroni

Dopo la manifestazione a Piazza Navona, Walter Veltroni parte all'attacco e chiede chiarezza alle altre due principali forze politiche dell'opposizione, il Partito della Rifondazione Comunista e l'Italia dei Valori. Il partito di Antonio Di Pietro, in particolare, dopo gli attacchi al Capo dello Stato ed la Papa, deve "scegliere" se stare con il Pd o con i girotondi. "Ora Di Pietro deve scegliere - ha detto il segretario del Pd - Deve decidere con chi stare: se vuole stare con Grillo e Travaglio lo dica; altrimenti, se vuole
stare con una forza riformista".

Il leader dell'Idv, Antonio Di Pietro, ha replicato immediatamente: "Nessuno pensi di poter intimidire l'Italia dei Valori con aut aut di sorta. La nostra forza ci proviene direttamente dai cittadini che ci hanno votato e solo ad essi dobbiamo ubbidire, non ad altri".

Veltroni, ribadendo la correttezza della scelta di non andare alla manifestazione, che è stata "un piacere per Berlusconi", ha commentato la scelta di Arturo Parisi che, invece, ha preferito essere presente nella piazza romana: "Immagino si sia reso conto di avere fatto un errore clamoroso". Ma anche da Parisi è arrivata un'immediata risposta secca: "Non sono pentito di essere andato in piazza. E' lui (Veltroni) che ha lasciato i nostri elettori in mani altrui".

Un invito a fare chiarezza, infine, Veltroni l'ha rivolto al PRC, in vista del congresso di partito. Rifondazione comunista e la sinistra radicale in generale devono compiere "una scelta, devono decidere quale profilo vogliono avere perché non è più possibile essere partito di lotta e di governo", ha detto il segretario del Pd, "E' matura una scelta, partiti di lotta e di Governo non ci possono più essere. O si sta al Governo o si fanno le lotte".

mercoledì 2 luglio 2008