martedì 22 gennaio 2008

Una storia incredibile

"NOI,FIGLI DELLE SS":IL PICCOLO SPORCO SEGRETO DELLA NORVEGIA"

Fonte: Agenzia Giornalistica AGI


(AGI) - Londra, 22 gen. - Ricorda Paul Hansen: "Avevo quattro anni, in quella casa eravamo in venti. Il governo mando' un medico, scoprii poi era uno psichiatra. Ci visito', stabili'
che , date le nostre origini, potevamo essere classificati come ritardati mentali. Non era una diagnosi, ma una supposizione. Ci chiusero tutti in un manicomio infantile". Rievoca Kikki Skjermo: "Mi hanno tirato su i miei nonni materni, senza un filo di affetto. A dieci anni un uomo del villaggio mi violento'. Mi avevano spiegato che aveva un vero e proprio odio per quelli come me. Gli urlai: 'Perche'?'. Rispose: 'quelli come te sono stati messi al mondo per essere usati'". Infine Ellen Voie: "Fui data in adozione quando avevo due anni. I miei nuovi genitori erano letteralmene crudeli. Nella comunita' in cui vivevo tutti sembravano sapere chi fossi in realta'. Tutti tranne me. Lo scoprii quando il prete mi chiese un certificato di battesimo per poter fare la cresima. Feci le miei ricerche, solo allora scoprii che mi avevano cambiato il nome".
Il loro nome in tedesco era "Lebensborn", "molla della vita", generati dalle Ss e dal loro tentativo di ricreare una razzia ariana che fosse ancora piu' pura di quella tedesca.
Himmler li voleva figli dei migliori ufficiali e di donne di stirpe nordica incontaminata. Per questo, nel 1941, scelse la Norvegia occupata per l'inseminazione di circa 10.000 donne,
trattate come giumente da affidare a qualche centinaio di stalloni. Il matrimonio, dopo l'incontro, non era obbligatorio. Se non altro perche' molti tra gli stalloni erano regolarmente
coniugati, secondo il rito Ss, in Germania. Tant'e' vero che, con la ritirata, tornarono praticamente tutti in patria, lasciando le donne e i loro bambini ad affrontare le durezze del dopoguerra e di una vera e propria apartheid. Anche la patria del Nobel e dei diritti civili ha il suo piccolo, sporco segreto. Lo svela ora un'inchiesta dell'Independent.

Il progetto "Lebensborn" venne messo a punto da Himmler nel dicembre 1935, subito dopo aver incorporato la Gestapo nelle Ss ed essere divenuto l'uomo piu' potente del Reich dopo lo stesso Hitler. In Norvegia divenne effettivo dal marzo del 1941, in uno scenario che sembra
l'opposto di un romanzo di Steinbeck. Gli ufficiali inseminavano le donne, le madri venivano accolte in comunita' create appositamente, il Reich se ne assumeva la cura se il padre biologico non intendeva sposarsi. Un esperimento di eugenetica con cui si intendeva anche ovviare al decrescere del tasso di natalita' nella Germania nazista. Per ospitare i bambini, almeno 8.000, tutti registrati presso una speciale anagrafe, vennero requisiti alberghi e costruite almeno dieci strutture simili a case famiglie. Ad ogni bambino veniva assegnato un numero ed aveva una cartella clinica in cui venivano raccolti i suoi dati, per controllarne il sano
sviluppo.
Verso la fine della guerra, il governo norvegese in esilio fece sapere che la fraternizzazione con gli occupanti non sarebbe stata tollerata. "Certe donne sappiano che pagheranno il prezzo di quello che hanno fatto per tutto il resto della vita", avverti' tramite Radio Londra, "tutti i norvegesi avranno modo di manifestare il loro disprezzo per loro". Una promessa mantenuta.

I capelli rasati a zero e gli sputi per la strada fuirono solo l'inizio. Ma il peggio tocco' ai loro "figli della colpa". Nel luglio del 1945 il governo norvegese tento' di deportare madri e figli in Germania, scontrandosi con il veto delle potenze alleate. La stampa nazionale, intanto, metteva in guardia: "c'e' la possibilita' che questi bambini portino in se' i germi di alcune di quelle caratteristiche germaniche le cui conseguenze sono oggi sotto gli occhi di tutti". E di fronte a questa vera e propria discriminazione a sfondo razzista la comunita' scientifica nazionale faceva sapere che si', in effetti quei bambini figli di padri criminali di guerra erano portatori di geni malati, e che "il loro posto sarebbe stato in un istituto". Il destino di centinaia di piccoli quanto potenziali criminali di guerra da incarcerare preventivamente a scopi pacifici.
Anche il ministero degli affari sociali fece sapere: "credere che questi bambini posano divenire cittadini perbene e' come credere che i ratti di cantina possano divenire animali domestici". Figli di nessuno, nati per essere usati: "Anche nelle scuole speciali per ritardati dove ci avevano rinchiuso", racconta ancora Paul Hansen, "eravamo tenuti segregati dagli altri. A 18 anni potei andarmene. Qualcuno mi aiuto' a trovare un lavoro in una fabbrica, ma il mobbing continuo'".

Il massimo dell'insulto e' arrivato quando, poche settimane fa, 157 di quei circa 8.000 ragazzi hanno presentato una istanza ufficiale alla Corte europea per i Diritti dell'Uomo. Ricorso respinto, per decorrenza dei termini.
Il loro avvocato, Randy Spidevold, si dice "deluso ed imbarazzato" perche' le autorita' norvegesi ancora oggi non vogliono fare i conti con questa parte della tragica storica del Novecento.
Lo scopo dell'iniziativa, spiegano loro, non e' tanto quello di avere un improbabile indennizzo, quanto la possibvilita' di creare una rete di norme internazionali che garantiscano meglio i "figli della guerra", privati dei piu' elementari diritti come e quanto i bambini soldato.
Il senso lo riassume Ellen Voie, i cui genitori adottivi fecero riantrare a casa di corsa da un soggiorno di studio in Danimarca, quando seppero che si era innamorata di un ragazzo
tedesco. "Poco dopo il mio ritorno a casa fui violentata da un coetaneo", ricorda, "e rimasi incinta. Avevo 19 anni I miei genitori vollevano che abbandonassi il bambino, e mi concessero
solo pochi minuti dopo il parto per poterlo abbracciare. Nel frattempo mi avevano cacciato di casa. Mai io reagii, e sono riuscita con l'aiuto di un assistente sociale a riavere il mio
bambino. Mi dissi: 'ci sono delle volte in cui la Storia non si deve ripetere'".(AGI)

Nessun commento: