lunedì 19 maggio 2008

Rinaldini e la posizione della FIOM sulla riforma del contratto

l no della Fiom a Epifani Rinaldini: «Diritto al dissenso»

di Loris Campetti

su Il Manifesto del 17/05/2008

Il 76% dei delegati Fiom approva la mozione di Rinaldini: nessuna unità senza democrazia. Lunedì, confronto tra le segreterie Fiom e Cgil

«E' dal tempo della prima tessera del Pci, avevo 15 anni, che ascolto appelli al senso di responsabilità», dice il segretario generale Fiom Gianni Rinaldini, «anche su scelte che poi tutti avrebbero definito sbagliate». Ma questa volta l'appello non è recepibile perché alla definizione della piattaforma unitaria sulla riforma dei contratti non si è arrivati attraverso un percorso democratico. Così come «nel '66 Pietro Ingrao rivendicò il diritto al dubbio, io oggi rivendico il diritto al dissenso». Anche il centralismo democratico ha le sue regole. La conclusione della conferenza d'organizzazione della Fiom ha formalizzato quel che era risultato già evidente durante l'intervento del segretario generale della Cgil: Guglielmo Epifani non ha convinto i suoi metalmeccanici. Nel metodo, perché la piattaforma unitaria non ha avuto momenti di validazione democratica, con l'esclusione di un comitato direttivo nazionale della Cgil. Né i gruppi dirigenti delle categorie, né i delegati si sono potuti esprimere, figuriamoci i lavoratori a cui verrà presentato al termine del percorso il testo di un accordo da prendere o lasciare. Nel merito, la Fiom non condivide l'idea di sindacato che sta dietro la piattaforma e, verosimilmente, il futuro accordo con Confindustria e governo. Un sindacato più legittimato dal rapporto con l'antagonista e la politica che non dal rapporto democratico con i lavoratori. Lo svuotamento del contratto nazionale, ridotto al mero recupero dell'inflazione, e il vincolo che lega gli aumenti nei contratti di secondo livello alla produttività e redditività d'impresa, sono intesi dalla grande maggioranza della Fiom come un arretramento, persino rispetto agli accordi del luglio '93 che pure tutti ritengono superati e responsabili della perdita di potere d'acquisto dei salari.
Ciò vuol dire che la strada della Fiom si separa da quella della Cgil? Ovviamente no, e «quando ci sarà da difendersi e da difendere i lavoratori dagli assalti di Confindustria e del governo, i metalmeccanici saranno in campo con la lotta». Lunedì mattina le due segreterie si incontreranno e i reciproci percorsi da qui all'eventuale accordo sui contratti (e al congresso della Cgil) saranno più chiari a tutti. L'ultima giornata di lavori della conferenza d'organizzazione della Fiom ha registrato la compattezza della categoria intorno al suo gruppo dirigente. E il voto sulle mozioni finali ha ribadito i rapporti di forza interna: 70 voti alla minoranza (17%), 31 astenuti (17%) e 312 (76%) sì alla maggioranza di Rinaldini. Fausto Durante che si rifà alle posizioni di Epifani ha registrato addirittura una lieve riduzione di consensi rispetto al numero di delegati su cui poteva contare.
In mattinata Giorgio Cremaschi aveva sostenuto con convinzione la relazione del segretario (come ha fatto anche l'area Lavoro e società della Fiom): «I dissensi fanno bene all'organizzazione», e potrebbero rappresentare uno strumento in più per Epifani contro le aggressioni padronali e governative. Cremaschi ha richiamato, come molti altri intervenuti, il pericoloso impasto determinato dalla sconfitta politica e dalla regressione sociale che hanno effetti devastanti, a partire dalla caccia ai diversi, ai rom, ai più deboli (l'assemblea di Cervia ha votato quasi all'unanimità una mozione che richiama alla solidarietà). E alla Cgil ha detto: «Senza la Fiom non andate da nessuna parte». Tra gli interventi più applauditi quello di Maurizio Landini della segreteria Fiom: i padroni «vogliono cancellare la contrattazione collettiva» per passare all'elargizione unilaterale di salario. E sulla piattaforma unitaria, Landini si è espresso da sindacalista: «Io so che in una trattativa, per riuscire a far passare i miei obiettivi devo almeno proporli», mentre le confederazioni si presentano all'incontro con le controparti senza neanche provare a difendere la possibilità di aumentare i salari con i contratti nazionali e di slegare quote importante di aumenti nei contratti aziendali dall'andamento degli utili d'impresa.
La Fiom ha avanzato una proposta, ha ribadito Rinaldini nelle conclusioni: avviare un'analisi attenta dei cambiamenti, della realtà nella quale ci troviamo a operare. Un'operazione simile a quella voluta dopo la sconfitta del '55 da Giuseppe Di Vittorio. Solo così è possibile costruire il sindacato del futuro, sapendo che in Italia è in crisi come in tutt'Europa. Lo scenario globale e gli effetti devastanti della globalizzazione neoliberista sono ancora al centro dell'analisi di Rinaldini. Gli effetti si leggono nello smottamento culturale della società italiana, dove i lavoratori sono messi gli uni contro gli altri, i più forti contro i più deboli, i migranti, i precari. Serve una svolta, una rottura con il recente passato, la riconquista di un'autonomia che negli anni del governo Prodi si è affievolita, in quei due anni, cioè, in cui si sono aperte troppe porte all'arrembaggio che oggi annunciano le destre e la Confindustria, sugli straordinari come sulla defiscalizzazione degli aumenti strappati nei contratti di secondo livello. Dire che alla Fiom non interessa la contrattazione articolata, hanno detto tutti gli intervenuti, è una sciocchezza smentita dalla pratica quotidiana dei metalmeccanici. Il tentativo, pacato, di Fammoni di interpretare la piattaforma unitaria come uno strumento utile per difendere la solidarietà generale ha convinto una risicata minoranza dei delegati, mentre lo stesso segretario confederale ha ammesso che sul terreno della democrazia la strada percorsa non è stata delle migliori.
Lunedì, dunque, un primo confronto tra le segreterie della Cgil e della Fiom. Qualcosa si è rotto, o meglio, un rapporto che da tempo segnalava forti difficoltà e differenze ha mostrato a Cervia tutte le sue crepe. Al centro del confronto ci sarà la democrazia (interna e nel rapporto con i lavoratori) e i contenuti di quella che si può cominciare a chiamare la svolta strategica della Cgil. Una svolta, dicono molti delegati al termine della conferenza, che potrebbe rendere il sindacato di Epifani sempre più simile a quello di Bonanni.

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