venerdì 14 dicembre 2007
Ancora Occhetto
Roma, 14 dic. (Adnkronos) - "Ci troviamo qui per riprendere un cammino, io ritrovo la parte importante del partito che insieme abbiamo fondato". Achille Occhetto ha formalmente aderito a Sinistra democratica: "Un elemento di continuita' rispetto a un percorso, una scelta coerente con la svolta", ha spiegato l'ultimo segretario del Pci motivando la sua decisione: "A nessuno sarebbe mai venuto in mente che la sinistra dovesse sparire dalla vita politica italiana. In passato ci siamo anche scannati, ma tra di noi c'e' sempre stato un filo rosso: la sinistra. Oggi la novita' e' che si vuole rompere quel filo rosso, si vuole cancellare la sinistra come e' accaduto in America".
Occhetto non e' stato tenero con il Walter Veltroni e il Pd, definito come una "fusione di apparati": "Veltroni ha fatto tutta la sua campagna elettorale per il Pd dicendo che senza Occhetto non saremmo qui. Ma quello che non funziona e che io non sono li', ma sono
qui". Oggi, ha spiegato ancora l'autore della svolta della Bolognina, "siamo di fronte a una questione di vita o di morte per la sinistra.
Quello che ci aspetta e' un compito arduo, l'unita'. Anche io credo che oggi a sinistra deve essere rosso-verde, ma la nostra ambizione e' quella di avere La sinistra, senza aggettivi".
Fabio Mussi, leader di Sd, si e' detto "onorato" dell'adesione:
"Occhetto fu interprete di una ipotesi innovativa in un periodo in cui venne messo in campo un lavoro politico straordinario. Certo non pensavamo, allora, che l'approdo della svolta dovesse essere una nuova formazione centrista". Il ministro della Ricerca ha spiegato che a
sinistra si deve puntare a "un soggetto nuovo, forte, radicato, che superi la frammentazione per rispondere a chi pensa che la parola sinistra debba sparire dal lessico politico italiano". Per questo, quello di Occhetto "sara' un contributo per pensare questo prodotto di prima grandezza".
giovedì 13 dicembre 2007
Comunicato dell'Appello PRC di Firenze
Il gruppo di lavoro e di coordinamento nazionale espresso dall’Assemblea autoconvocata di Firenze del 25 novembre, “Un Congresso per rilanciare i movimenti e l’autonomia del Prc”, esprime il più fermo dissenso nei confronti dell’ipotesi di rinviare di vari mesi il congresso nazionale del Partito, ritenendola una grave violazione della democrazia interna e della sovranità degli iscritti/e: chiede pertanto al Cpn del 16 dicembre di respingere tale ipotesi e di confermare il congresso del partito come previsto nella primavera del 2008.
L’attuale gruppo dirigente scaturito dal congresso di Venezia non ha più il mandato politico di compiere scelte su temi centrali e dirimenti come la questione del governo, la “Cosa rossa”, la riforma della legge elettorale e le prossime elezioni amministrative.
La vicenda del protocollo sul welfare, lo stesso decreto sulla sicurezza, l’aggravarsi della questione sociale, testimoniata dalla tragedia di Torino e dalle forti e legittime espressioni di rabbia dei lavoratori, indicano l’esaurimento dell’esperienza del Prc nel governo Prodi. Il prevalere del logoramento sociale rispetto alle attese e alle esigenze di cambiamento rappresenta già di fatto una verifica negativa dell’operato del governo.
Rispetto alla Cosa rossa non è in discussione la necessità di aggregare le forze della sinistra di alternativa e anticapitalistica, i movimenti e i conflitti sociali, ma è chiaro che questa necessità deve fare i conti con la situazione sopracitata, con i problemi che abbiamo di fronte e non può significare il venir meno del Prc e della sua piena autonomia. Diversamente si produrranno ulteriori lacerazioni con la nostra base sociale col rischio di ulteriori pesanti ricadute anche dal punto di vista elettorale. La modalità e i contenuti moderati che hanno caratterizzato l’assemblea degli Stati generali de “La Sinistra L’Arcobaleno” rappresentano una risposta inadeguata e in contrasto con le necessità di questa fase politica, eludono le contraddizioni presenti tra i quattro partiti e rappresentano una forzatura anche dal punto di vista della democrazia interna al Partito.
I compagni e le compagne firmatari/e dell’Appello saranno presenti ovviamente a Vicenza per manifestare contro la base Usa e per sostenere la moratoria dei lavori come richiesto dalla forte e combattiva delegazione presente a Roma il 9 dicembre.
Lo slittamento del congresso, lungi dal demoralizzarci e spingerci al disimpegno, ci vedrà impegnati a rilanciare l’iniziativa per incalzare le inevitabili contraddizioni che si produrranno e aggregare tutte le compagne e i compagni critici, sulla base di un documento politico a cui lavoreremo nelle prossime settimane, per rilanciare il conflitto sociale, i movimenti, il ruolo e l’autonomia del Partito della Rifondazione Comunista, in continuità con lo spirito con cui un milione di persone hanno manifestato a Roma il 20 ottobre.
Il Gruppo di lavoro e di Coordinamento nazionale
“Un Congresso per il rilancio dei movimenti e dell’autonomia del Prc”
martedì 11 dicembre 2007
Occhetto insegna

Leggetevi questa intervista ad Occhetto (segue sotto).
Bella vero?
Aveva ragione lui nel 91? Beh...se aveva ragione lui allora significa che nel 91 era in minoranza anche lui! Ma come? Ma non era il neo-segretario del Pds?
Beh c'è qualcosa che non torna. Esatto. Di certo non sto ad ascoltare le balle di Occhetto. Se oggi è rinsavito e ha deciso di condividere una serie di battaglie con noi, mi sta bene, ma che venga a dire che nel 91 aveva ragione lui è una balla di proporzioni clamorose e la nascita del Pd sta lì a dimostrarlo.

Il partner più importante cui rivolgersi è Mussi, non il popolo del 20 ottobre.
OCCHETTO: «Perchè sono qui? Si realizza la "mia" svolta...»
di Andrea Carugati
su l'Unità del 09/12/2007
ACHILLE OCCHETTO
«Si realizza quello che ho proposto con la Svolta: togliere le falce e martello e fare una sinistra unita. Solo che ci si arriva con 20 anni di ritardo». Achille Occhetto si affaccia agli Stati generali della sinistra alla Fiera di Roma in punta di piedi. Saluta i vecchi compagni, ascolta attento Luciana Castellina. «Non mi aspettavo tanto fervore, vedo una forte richiesta di unità e la possibilità di rifondare una sinistra in Italia. Spero che i gruppi dirigenti non gettino a mare questa spinta della base per egoismi burocratici. Che non si faccia l'errore che ha commesso il Pd, una fusione a freddo».
Perché ha deciso di venire? «Forse nell'89 non ci siamo capiti bene, c'è stato un equivoco. Io avevo proposto una sinistra democratica, moderna e plurale. L'obiettivo era uscire da sinistra dalle rovine del comunismo, non entrare nel salotto buono della finanza».
Dunque lei vede qui il compimento del suo progetto? Eppure non ci sono i Ds...
«In realtà qui vedo una gran parte dei Ds, tanti vecchi compagni che mi dicono "finalmente ci rincontriamo". E non sono quelli di Rifondazione. Il compimento ideale della svolta è una sinistra plurale, non un partito che non ha la sinistra nel suo nome».
Eppure, quasi 20 anni dopo, al battesimo della sinistra radicale c'è lei ma non Ingrao. Non le pare curioso?
«Ingrao sulla Stampa ha posto una questione giusta e sono perfettamente d'accordo con lui. Non aderirò finché non sarà sicuro che si fa davvero una cosa nuova, che il movimento ha un traguardo chiaro».
Come vede il rapporto tra la Sinistra e il governo?
«Le difficoltà al governo sono oggettive, ma sono dovute soprattutto al fatto che le elezioni non si sono vinte, ma pareggiate. Bisognerebbe prenderne atto».
E le parole di Bertinotti? La verifica di gennaio?
«Bisogna che la verifica sia effettiva, con una nuova fase del governo e un programma che sappia parlare alla sinistra. Quanto a Bertinotti, nelle sue parole non ho letto desideri di imboscate. Forse è stato troppo tranchant, ma ha colto un punto: la mediazione non avviene mai tra lavoro e capitale, come sarebbe ovvio. Basta che il capitale o i suoi circoli facciano la voce grossa che subito il governo ceda».
Chi vedrebbe come leader della Sinistra?
«Il ceppo più forte cui attingere è quello di Rifondazione, ma mi auguro che non venga da una tradizione di apparato. Serve un leader che interpreti una sinistra femminista, pacifista e ambientalista. Niki Vendola ha le caratteristiche più adatte».
La sinistra dovrà allearsi con il Pd o andare per conto suo?
«Io aedo ancora nel centrosinistra. Bisogna vedere se ci aede ancora il Pd: la continua richiesta di mani libere lascia credere che staino cercando strade diverse».
Gli operai e la sinistra
C'è gente che mentre lavora rischia la vita. Non soldati. C'è gente che prende 1000 euro per 30 giorni di lavoro e ognuno di quei giorni rischia di morire sul proprio posto di lavoro.
Ed è questa, prima di tutti gli altri, la nostra gente.
Questa gente merita molta più attenzione, protezione, diritti e soldi di quanti ne meritino i Veltroni o i Montezemolo di turno, anche se a scapito loro.
E quanta distanza si è creata tra la politica di palazzo e il mondo reale, la gente e i problemi veri? E quanta distanza tra questo mondo e la sinistra "istituzionale"?
Il "processo di aggregazione" della Cosa Rossa (La sinistra/l'arcobaleno) risponde a questi tragici bisogni di rappresentanza?
Non credo proprio...
In un altro momento "storico" si sarebbero permessi gli operai di fischiare il "compagno" Fuasto Bertinotti (Presidente della Camera!)? E si sindacalisti della FIOM? Se c'era qualche squinternato che ci provava veniva messo giustamente a tacere dai suoi compagni.
Queste tipo di contestazioni sono avvenute in tempi molto pericolosi.
La crisi di rappresentanza del lavoro è totale.
La Stampa - Il giorno più amaro del compagno Fausto
Intervista a Gianni Rinaldini sui tragici incidenti sul lavoro di Torino
Clicca qui per leggere l'intervista.